14 dicembre 2016

Il Bestone 2016 di SABR




ALBUM

ANGEL OLSEN - MY WOMAN
FRANK OCEAN - BLONDE
BON IVER - 22, A MILLION 
WHITNEY - LIGHT UPON THE LAKE
RADIOHEAD - A MOON SHAPED POOL
ANDERSON. PAAK - MALIBU
CAR SEAT HEADREST - TEENS OF DENIAL
ANHONI - HOPELESSNESS
KAYTRANADA - 99.9%
NICK CAVE AND THE BAD SEEDS - SKELETON TREE
LVL UP - RETURN TO LOVE
CHILDISH GAMBINO - AWAKEN, MY LOVE!
THE GROWLERS - CITY CLUB
FRANKIE COSMOS - NEXT THING
NICOLAS JAAR - SIRENS
DAVID BOWIE - BLACKSTAR
A TRIBE CALLED QUEST - WE GOT IT FROM HERE.... THANK YOU 4 YOUR SERVICE
KEVIN MORBY - SINGING SAW
BEACH BABY - NO MIND NO MONEY
SOLANGE - A SEAT AT THE TABLE



DISCHI (nel senso di italiani)

HIS CLANCYNESS - ISOLATIUM CULTURE
COSMO - L'ULTIMA FESTA
MOTTA - LA FINE DEI VENT'ANNI
I CANI - AURORA
NOT WAVING - ANIMALS


Il Bestone di OfO 2016



Album - Link Spotify qui

Fat White Family - Songs For Our Mothers
Field Music - Commontime
Suuns - Hold Still
Parquet Courts - Human Performance
Horse Lords - Interventions
Car Seat Headrest - Teens Of Denial
Mitski - Puberty 2
Minor Victories - Minor Victories
Holy Fuck - Congrats
Beyond The Wizards Sleeve - The Soft Bounce
Weaves - Weaves
Arbor Labor Union - I Hear You
Angel Olsen - My Woman
L.A. Salami - Dancing with Bad Grammar: The Directors Cut
Wilco - Schmilco
Nick Cave and The Bad Seeds - Skeleton Tree
The Growlers - City Light
Lambchop - Flotus
La Femme - Mystere
LVL UP - Return To Love
By the Waterhole - Two
Traams - Modern Dancing (recupero finissimo 2015)

Dischi (nel senso di italiani) - Link Spotify qui

His Clancyness - Isolation Culture
I Cani - Aurora
Fuzz Orchestra - Uccideteli Tutti....
Ali - Facciamo Niente Insieme
Inutili - Elves, Red Sprites, Blue Jets
Not Waving - Animals
Alessandro Fiori - Plancton
Cosmo - L'ultima Festa
Nularse - Physical Law E.P
Lampreda - Lampreda n#0
Afterhours - Folfiri o Folfox
Palazzo - Prima
Tab_ularasa - Nulla è Per Sempre 
Leute - 9 Songs
Dente - Canzoni Per Metà
Motta - La Fine dei Vent'anni
Canova - Avete Ragione Tutti
Morkobot - Gorgo
Sex Pizzul - Pedate

Canzoni Buttate li - Link Spotify qui

Kevin Morby - Dorothy
The Julie Ruin- I'm Done
Grandaddy - Wat We Won't
Glass Animals - Pork Soda
Metronomy - Old Skool
Erasmus (Soulwax) - Ti Ricord di Me
Violent Femmes - Memory
Keaton Henson - Alright
Olga Bell - Randomness
Stephen Steinbrink - Absent Mind
A Giant Dog - Sex & Drugs
The Colorist And Emiliana Torrrini - Speed Of Dark
The Gotobeds - Cold Gold
Francobollo - Wonderful
The Wolfhounds - My Legendary Childhood
Pop X - Secchio
Virginia Wing - Lily of Youth
Thee Oh Sees - At The End, On The Stairs -(e dall'altro Album) Dead Man's Gun
Pinegrove - Old Friends
Sleaford Mods - TCR
Pixies - Head Carrier (ritornello più esaltante dell'anno)
Hamilton Leithauser + Rostam - 1000 Times
Cymbals Eat Guitars - Finally
Beach Baby - Powderbaby
Frank Ocean - Self Control
DM Stith - Sawtooth
Dinosaur Jr. - Tiny
Whitney - Golden Days
Anohni - 4 Degrees
Frankie Cosmos - Is It Possible / Sleep Song
Wire - Internal Exile
Cate Le Bon - What's Not Mine
Teleman - Glory Hallelujah
Explosions In The Sky - Disintegration Anxiety
Palehound - Molly
Money - I'll Be The Night
Ryley Walker - The Roundabout
Maia Vidal - Islands Of You And Me
Nap Eyes - Roll It
Big Thief - Masterpiece









23 marzo 2016

Godspeed You! Black Emperor live @ Atlantico Live, Roma 15 Novembre 2015



Nel buio pressoché totale che immerge l’Atlantico Live due componenti dei GY!BE entrano sul palco e cominciano a far vibrare dolcemente i rispettivi violino e violoncello immettendoci subito in un’atmosfera rarefatta e candida. La pace dei sensi è lì dietro l’angolo. Ad uno ad uno, i sette elementi che compongono la band, entrano on stage cominciando piano piano a farsi sentire ciascuno col proprio strumento, in un crescendo sonoro estatico che dopo qualche minuto si tramuta in pieno rumore bianco. “Muro del suono” rende bene l’idea. Il rumore prodotto ora dal combo, pur nella sua carica sperimentale e propositiva, sembra così “organizzato” che non si tramuta (non si tramuterà mai in tutto l’arco della serata) in puro caos fine a se stesso. L’iniziale Hope Drone cambia pelle e diventa quindi Storm, tratta dal primo disco, uno dei veri e propri cavalli di battaglia della formazione canadese. E’ evidente sin dalle prime canzoni esibite che il sound dei Nostri si concentra maggiormente sugli strumenti a corda (3 chitarre sempre in primo piano e violini sullo sfondo a tessere le armonie) e sul ritmo percussivo (due batterie messe in campo), i fiati che caratterizzano molti lavori del combo sono invece totalmente fuori dai giochi. 

(lo stupendo incedere in crescendo di Storm, una della canzone più belle dei Nostri)

Il palco rimarrà sempre in penombra, senza nessun gioco di luci a mettere in mostra i musicisti che nel frattempo si dividono tra chi sta a sedere e chi in piedi, prendendo ognuno con la massima serietà il proprio fare.  Sullo schermo retrostante prendono vita, in formato split screen, immagini poetiche, spesso fallate che mostrano paesaggi, animali e scene bucoliche in generale; immagini montate con stacchi molto lenti che non hanno nulla di invasivo. Il messaggio sembra chiaro: la musica viene prima di tutto, il resto è mero contorno. Peasantry or 'Light! Inside of Light! è la canzone che apre il capitolo dedicato all’ultimo album Asunder, Sweet and Other Distress passato in rassegna dalla band cronologicamente nella sua interezza. La musica live dei Godspeed You! Black Emperor è un coacervo ben calibrato di sensualità e magia, tensione e stati ansiogeni. Un’altalena di emozioni forti che gioca sull’incontro/scontro con il pubblico che viene preso per mano dal gruppo e viene guidato negli stadi più radicali ed emozionali dalle sette note. 

(la fantasmagorica e spettrale Peasantry or 'Light! Inside of Light! apre l'ultimo disco dei GY!BE)

Dal relax più puro e intimo si passa (spesso repentinamente) a paesaggi sonori marziali, estremi, dove trionfa molto frequentemente la pura alienazione. Un sound possente e monolitico che premia i crescendo per poi sfociare nel rigore puro. Non c’è traccia di sadismo nei GY!BE, anzi, c’è casomai la consapevolezza che la musica è un viaggio ipnotico dove non esistono mete o approdi certi. C’è ancora spazio per un inedito e per un’inquieta The Sad Mafioso prima di fuggire dalla metafisica della serata per tornare alla realtà. 

Marco 0f0 Giappichini

Sufjan Stevens live @ Teatro della Luna, Milano 21 Settembre 2015




(da Blow Up #211, rubrica "Visti & Sentiti" dicembre 2015)

La strumentale ed eterea Redford, brumosa quanto basta e suonata nell’oscurità della sala, ci introduce perfettamente al mood di una serata dove intuiamo subito che regnerà lo spleen agrodolce dell’ultimo atto a firma Sufjan Stevens: Carrie & Lowell. Sull’arpeggio iniziale di Death with Dignity si accendono le luci soffuse e si mettono in azione i 9 pannelli collocati dietro il palcoscenico, messi a mo di Pala d’altare ecclesiastico (casualità?) che proiettano scenette di filmini familiari in 8 millimitri, direttamente dall’archivio d’epoca della famiglia di Stevens, immagini che torneranno spesso nel corso della serata. E il live dell’artista statunitense che sta prendendo forma si può già ben riassumere così: un’esibizione accorata, tra il privato e il pubblico, in cui il mettersi a nudo pubblicamente diventa un’esigenza (un’urgenza?) per raggiungere una catarsi collettiva dove ognuno di noi (Lui/Noi) fa la sua parte mostrandosi in modo autentico per quello che è. 


(Death with Dignity apre l'ultimo disco di Sufjan)


Difficile infatti sottrarsi a questo compito che ha il sapore del mistico e del biblico quando sul palco ti si palesa davanti, in tutta la sua fragranza, Sufjan: un angelo mandato su questa terra da dio in persona (l’occhio di bue che spesso lo illumina potrebbe sembrare il suo occhio) per irrorare con la sua celestiale voce (si, pazzesca anche dal vivo) questi tempi bui. Essere atei non serve a niente, non hai scampo: dalle casse del Teatro della Luna si diffonde una delicatezza e una pace che sanno di universale; un flusso innodico comunque chiaroscurale, classico e leggero al tempo stesso. Coadiuvato dai quattro sodali chiamati ad accompagnarlo, Stevens complica, arricchisce e colora gli scarni arrangiamenti dell’ultimo album (esibito nella sua interezza) trasformando le canzoni da minimali che erano a vere e proprie “suite rock”, dove il crescendo diventa la formula musicale perseguita. Chitarre, mandolini, piano, laptop, rhodes, synth, fiati (tutti i componenti suonano tutto) e soprattutto percussioni e batteria (quasi assenti in Carrie & Lowell) trasformano questi brani facendoli diventare più appetibili e “divertenti” (passatemi il termine) in fase live, rendendo la serata imprevedibile e movimentata. Ecco così, per esempio, che All of Me Wants All of You diviene quasi psichedelica e The Only Thing cambia pelle in pezzo elettronico. Alla sola No Shade in the Shadow of the Cross è concesso il privilegio di rimanere nuda e cruda così com’è, chitarra e voce, mentre dietro viene proiettato in campo totale un paesaggio scoglioso da Mar del Nord che si tramuta in puro paesaggio mentale. 


(il video di No Shade in the Shadow of the Cross viene retro-proiettato anche nel live di Sufjan)



Siamo dalle parti del sublime o poco ci manca. Prima dei bis il songwriter, silente per tutta la serata fino a quel momento, si scusa con la platea se le sue canzoni sono “… so sad” ma che d’altronde quello è l’unico modo in cui riesce a comporre e esprimersi. Riusciamo a perdonarlo. Dopo una manciata di canzoni estratte dai suoi primi album viene affidata a Chicago, esibita in punta di piedi, l’onore di chiudere una serata salutata dal pubblico con una sentitissima standing ovation, rara per intensità e partecipazione, e un interminabile applauso. 

Marco 0f0 Giappichini