I francesi Air tornano due anni dopo “Pocket Symphony”, album con cui il duo cercava una svolta nel sound, purtroppo mai raggiunta completamente.
In “Love 2” gli Air hanno voluto lavorare da soli, registrando tutto l’intero album nel loro studio parigino senza nessun tipo di collaborazione esterna e con l’uso di molti strumenti analogici. Il risultato di tanto impegno è un album difficilmente definibile bello o brutto senza entrare in piena contraddizione.
Gli Air sanno regalare al pubblico perle di melodie struggenti e celestiali come “Heaven’s Light” in questo album che, ricordando i fasti di un tempo, fa sussultare e inneggiare al ritorno degli Air che tutti hanno tanto amato. Poi, però, qualcosa si rompe e il giocattolo non funziona più.
L’album è sicuramente un’opera raffinata, frutto del genio creativo di due mostri sacri della musica, però non è quello che ci si aspetta da chi ha composto “Moon Safari” nel lontano 1998. Se da un lato il talento rimane dall’altro è il contenuto che scarseggia, le idee nuove sono poche e le felici intuizioni si ripetono in lungo e in largo. Fortunatamente la classe innata con cui confezionano l’album è tale da offuscare all’ascoltatore poco attento i numerosi scivoloni e la prevedibilità di un sound sempre uguale a se stesso, sbiadito ricordo di un passato glorioso.
I fan continuano ad aspettare un altro capolavoro. Nel frattempo si accontentano di farsi prendere un pò in giro da un disco che rappresenta gli Air come una statuetta della Tour Eiffel in mostra in un Duty Free rappresenta la Francia.
In “Love 2” gli Air hanno voluto lavorare da soli, registrando tutto l’intero album nel loro studio parigino senza nessun tipo di collaborazione esterna e con l’uso di molti strumenti analogici. Il risultato di tanto impegno è un album difficilmente definibile bello o brutto senza entrare in piena contraddizione.
Gli Air sanno regalare al pubblico perle di melodie struggenti e celestiali come “Heaven’s Light” in questo album che, ricordando i fasti di un tempo, fa sussultare e inneggiare al ritorno degli Air che tutti hanno tanto amato. Poi, però, qualcosa si rompe e il giocattolo non funziona più.
L’album è sicuramente un’opera raffinata, frutto del genio creativo di due mostri sacri della musica, però non è quello che ci si aspetta da chi ha composto “Moon Safari” nel lontano 1998. Se da un lato il talento rimane dall’altro è il contenuto che scarseggia, le idee nuove sono poche e le felici intuizioni si ripetono in lungo e in largo. Fortunatamente la classe innata con cui confezionano l’album è tale da offuscare all’ascoltatore poco attento i numerosi scivoloni e la prevedibilità di un sound sempre uguale a se stesso, sbiadito ricordo di un passato glorioso.
I fan continuano ad aspettare un altro capolavoro. Nel frattempo si accontentano di farsi prendere un pò in giro da un disco che rappresenta gli Air come una statuetta della Tour Eiffel in mostra in un Duty Free rappresenta la Francia.
23/30
Eleonora Zeta Zarroni