15 novembre 2010

Convergenze tra le strade di confine


Giant Sand - Blurry Blue Mountain (Fire Records 2010)

Ecco Howe Gelb con la sua aria stropicciata e quella meravigliosa svogliatezza. Rieccolo con un disco quasi classico, ma si badi bene, di un classicismo multilaterale, rispetto a se stessi e rispetto alla tradizione americana: il che potrebbe anche sembrare un'eresia visto l'atteggiamento obliquo con cui i Giant Sand hanno sempre affrontato il folk-rock-country di confine, così come gli splendidi dimissionari ex-Giant Sand ora Calexico, John Covertino e Joey Burns.

Allora Gelb riprende in mano tutto il suo stile e lo asciuga di un acustico che spiazza, con qualche tremolo e chitarre pizzicate creando una serie di brani che si avvicinano al cantutorato e al country più puro – ovviamente rispetto a se stessi - mentre la batteria avanza con il suo incedere classico, già da Covertino in poi. I colori sono gli stessi di sempre, anche se effettivamente Blurry Blue Mountain è un po' meno cupo del precedente Provisions, mantiene gli stessi andamenti malinconici e un po' dondolanti.

Rispetto a altri episodi è maggiormente assente la vena sperimentale noise e punk, e avanza una pura scrittura da storyteller immersa in tappeti puro stile tex-mex fatti di chitarre toccate, sfiorate ricercate e scelte con gusto: rari appunto gli episodi elettrici, tranne la leggermente crescente Monk's mountain, Thin line man, quasi rock'n'roll – e chissà come la canterebbe Nick Cave - e Brand New Swamp Thing, mentre emergono alcune ballate panistiche un po' jazz, come Chunk of Coal e Time Flies. Forse non l'episodio migliore, non il più fresco e innovativo, ma di sicuro un album molto maturo con cui dimostrano, dopo aver tentato per molto tempo di stravorgerla e di darne una propria urgente e caotica versione, quanto hanno imparato dalla tradizione.
Voto 27/30

Matteo Innocenti