3 gennaio 2011

Teche Rock

Quicksilver Messenger Service - Quicksilver Messenger Service (Capitol 1968)

Alla fine degli anni settanta , ragazzo affamato di musica rock, mi imbattevo nella psichedelica californiana. Imparati a memoria Live Dead dei Grateful Dead e Surrealistic Pillow dei Jefferson Airplaine, scoprii che per completare la trinità psichedelica californiana mancava all’appello un gruppo con nome lunghissimo, tali Quicksilver Messenger Service. Mi documentai e partii alla caccia del loro secondo LP Happy Trails(1969), registrato in parte dal vivo e considerato il loro capolavoro. A Roma, in un negozietto di Trastevere, trovai un doppio LP usato con il primo disco e il secondo(ristampa Capitol/EMI 1974). Senza indugi lo acquistai. Quando arrivai a casa misi subito Happy Trails sul piatto e mi feci avvolgere dalle meravigliose note acide della chitarra di John Cipollina, entrato da allora tra i miei guitar heroes preferiti (ascoltare la fantastica e chilometrica Who Do You Love per credere). Ripresomi dall’emozione, temevo di rimanere deluso dall’ ascolto del primo omonimo disco dei nostri: avevo letto che era poco convincente... Ma quando la puntina si posò sui primi solchi, feci subito due scoperte: una, che il loro disco d’esordio era assolutamente meraviglioso, la seconda, che era meglio fidarsi delle proprie orecchie piuttosto che di certa critica rock. Ed eccomi qui dopo trenta anni a tessere ancora le lodi di un album uscito nel 1968 per la Capitol. Fanno parte del gruppo, oltre al citato Cipollina, Gary Duncan voce e chitarra, Greg Elmore alla batteria, David Freiberg al basso. L’album si apre con un brano epico come Pride Man, uno dei miei pezzi preferiti dei Quick, con un evocativo Cipollina alla chitarra più acida che ci sia. Light Your Windows è una splendida ballata lisergica, romantica e sognante grazie anche alla bella voce di Duncan. Dino’s Song, del loro amico e futuro membro del gruppo Dino Valenti, è un tipico brano psichedelico con tanto di canto corale alla Jefferson Airplaine. Arriviamo all’apice del disco: Gold And Silver, brano strumentale, che ricorda la Take Five di Dave Brubeck; si tratta di una cavalcata elettrica magnifica, dove gli intrecci chitarristici di Duncan e Cipollina ci regalano un sogno psichedelico. L’atmosfera si alleggerisce con It’s been too long, un brano r&b spruzzato di acido. Poi si finisce con la lunga e onirica The Fool, dove l’estetica western cara al gruppo trova la sua sublimazione sonora. Epici.


VOTO: 29,5/30

Massimo Daziani