L’inferno diresti. Fiamme ancora vive in un mondo agonizzante che si è arreso, è collassato su se stesso. La Strada sembra quella descritta e teorizzata da McCarthy. A percorrerla Iosonouncane, un Dante (ultra)terreno che cammina attraverso questi brandelli di mondo che rimangono alla ricerca di una Beatrice che non c’è, non è mai esistita. Ad accompagnarlo nessun Virgilio, c’è solo la solitudine, l’orrore, le grida degli altri. La Macarena su Roma la raccolta di questi cantici: I canti del Caos, una raccolta di poesie luciferine.
Jacopo Incani (ovvero iosonouncane) licenzia per Trovarobato uno di quei dischi che ti si appiccicano addosso anche se non comprendi bene il perchè. Roba cosi se hai un briciolo di integerrimità dovresti rifiutarla... eppure... E’ musica “brutta” (harsch!) quella composta e strutturata dal Nostro, avanguardia tra folk ed elettronica informe, virata nero seppia. Teatrale, esagerata, irreverente. Iosonouncane è post-ideologico, anti-ideologico. Un detective selvaggio che scandaglia ma in realtà non cerca nulla.
In Summer on a spiaggia affollata gli Animal Collective sequestrano Edoardo Vianello e lo fanno cantare coattivamente con un coltello alla gola. Mai estate fu cosi torrida e putrida. La causticità è messa in campo dal Boogie dei piedi per raccontare quanto può essere spiacevole mettersi in coda di prima mattina alla posta, impallidisce il Bugo di Fai la fila. Il corpo del reato è poesia dell’abbandono, un fiume in piena che porta con se detriti di un mondo indeciso sul farsi, logorrea pura che sfocia - è proprio il caso di dire - in un mare vuoto. Non hanno nulla di divertissement brani brevi come Rifacciamo la bocca con I cibi di buon gusto o Gramsci: scheggie impazzite che non dispiacerebbero ai Black Dice o ai Wolf Eyes. Non vi fidate delle atmosfera da amabile ballatine da cameretta del Il Sesto stato o di Il famoso gol di mano (Saba nel 2010?), il grand guignol è sempre dietro l’angolo e colpisce anche in queste tenere latitudini. La ridondanza del disco diventa assoluta con la track che dà nome al disco, la Macarena su Roma, un pezzo teatrale di 10 minuti che sono puro sfogo e rigetto per quel che non si ha e non si comprende.
Non aspettatevi ritornelli o appigli di nessun tipo su La Macarena su Roma, non cercate la catarsi o qualcosa di salvifico nel disco. Oggi, qui non ne abbiamo proprio bisogno. Tutto è tremendamente serio. Le singole parole, le infinite parole, i meri significanti che non significano sono le uniche cose che contato. Le uniche cose che (ci) rimangono.
29/30
OfO