Small Craft in a Milk Sea - Brian Eno (Warp 2010)
Perché stiamo parlando assolutamente di un mostro sacro.
È Brian Eno che nelle sue composizioni ha sempre tirato fuori il meglio in circolazione.
Non lo potrei mai definire un musicista Brian Eno, Brian Eno non è un musicista (lo dice anche nel suo libro Music for Non-Musicians), Brian Eno è semplicemente un genio poliedrico, colui che fra composizione informatica, campionamento analogico e suoni digitali non si è mai tirato indietro dal produrre capolavori. Un artista che dichiara di essersi ispirato per la sua musica a La Monte Young e a Terry Riley, che ha collaborato con tutti i più grandi musicisti della sua epoca (e non parlo degli U2) può solamente essere definito un guru. Per me lo è.
Certo, sto sicuramente girando intorno al problema, una questione in questo caso si chiama Small Craft on a Milk Sea, produzione Warp di un tardo 2010 che solo oggi trovo il coraggio di recensire per ovvi motivi.
Erano anni che gli ambienti underground parlavano di una prossima collaborazione stratosferica fra l'etichetta più sfavillante del panorama indie-elettronico e il più grande compositore digitale di tutti i tempi. Va da sé che all'uscita di un simile lavoro l'emozione è stata tangibile.
Il primo pezzo del disco Emerald and Lime, lascia senza fiato. È l'incipit ideale a qualcosa che ti aspetti ampio di argomenti, di suoni, di narrazione. "Questo disco è una fucilata" ricordo di aver pensato. Mi incuriosivano questi suoni un pò Matmos (the West) un po' psichedelia settantastyle. Il resto però, invece, che continuare con le emozioni, è stato un declino inesorabile.
Il secondo brano Complex Heaven suona banale e tedioso, l'omonimo Small Craft on a Milk Sea semplicemente incompleto. Poi ci sono quegli attacchi che non hai idea di dove vogliano andare a parare Flint March, due minuti scarsi di presunzione sonora. Ok mi fermo qui, non stroncherò tutte le tracce una per una, però non riesco a capire perché un creatore di algoritmi di newtoniana fama si sia abbassato a tratti a scopiazzare artisti talentuosi sì ma pur sempre suoi allievi.
Invisible non è male, ma arriva proprio alla fine del disco.
Mi dispiace Brian, sai quanto è grande la mia stima nei tuoi confronti. Ma nulla può salvare questo disco. Davvero Nulla!
Non lo Giudico
Tommie