Il nuovo lavoro “In This Light And On This Evening” stupisce per la svolta elettronica che gli Editors hanno deciso di adottare. Abbandonano pianoforte e riff di chitarre per dedicarsi completamente a tastiere e synth. Sia ben chiaro, non inventano niente di nuovo, la scelta non è originale, si sa che gli anni ’80 sono tornati di moda, però la realizzazione è assolutamente ben riuscita, organica e si allontana dalla cifra stilistica che li aveva precedentemente caratterizzati. I brani non suonano come scopiazzature della gloriosa new wave, ma come creature musicali figlie degli anni Zero e nipoti degli anni ‘80.
Dopo il disco d’esordio “The Back Room”, dai toni cupi e intimisti, gli Editors hanno continuato sulla stessa scia sfornando il secondo album “An End Has A Start”, lavoro un pò banale, da ascoltare allo stadio più che in un club inglese tutto fumo, sudore e birra. E ora il terzo disco in cui gli Editors cambiano pelle: rivestono il sound di elettronica e spostano i punti di riferimento dai Joy Division ai New Order e ai Depeche Mode. La voce di Smith è sempre quella, imponente e evocativa, a volte è porpora, altre nera pece, passando per il grigio e il blu oltremare. Il mood dell’album è in linea con i precedenti lavori, introspettivo, dai toni epicamente celebrativi, sempre ascendente, monumentale e massiccio. Il disco è ben costruito, parte imponente dagli abissi di “In This Light And On This Evening”, va in crescendo con “Papillion” e “You Don’t Know Love” per poi finire con una delicata "Walk The Fleet Road".
Dopo questo disco che spiazza non per le sonorità nuove in assoluto, ma nuove rispetto a quelle a cui gli Editors ci avevano abituato, aspettiamo curiosi di vedere quale altra svolta prenderà la band.
26/30
Eleonora Zeta Zarroni