Si riparte da Vent’anni per scoprire all’improvviso di averne una trentina, con la consapevolezza di essere un Vecchio senza esperienza. La penultima canzone contenuta sul precedente Villa Inferno (Unhip Records / Audioglobe 2008) diventa così un sorta di trampolino di lancio per una palingenesi creativa che ritorna in quei luoghi per diventare altro: quadratura del cerchio non è la parola esatta ma la prima che mi viene in mente. Approdo per una band d’esperienza che si scopre ormai matura e pronta per non sottrarsi ai propri obblighi e doveri. Finalmente l’Italia e l’italiano, con i suoi figli di puttana e tutto il resto,… Andate tutti Affanculo l’unico imprescindibile e inesorabile slogan da lanciare verso i posteri in questa italietta sporca e malsana di fine decennio. Un grido lancinante e lapalissiano da rivolgere contro tutti e contro tutto (anche contro se stessi, perché no); rivolto certamente a chi ci ha portato in questo Hic et Nunc che non lascia scampo (It’s Paradise o Gente di Merda) ma anche contro chi non ha fatto nulla per cambiarlo: sostanzialmente quelli che hanno adagiato il proprio culo in questo comodo nulla solamente per pavidità o ignoranza (L’egoista o Ragazza Eroina). Non si salva nessuno allora? No! Nemmeno il Natale! “Siam morti e da vermi ricoperti”. Facciamocene una ragione. E l’ironia allora? C’è, ma serve solamente per cucinare il tutto a fuoco lento, non c’è niente di salvifico in essa. Se c’è uno spiraglio di sole, quello è da cercarlo altrove. Non ora. Non è il momento.
Andate tutti Affanculo sembra quasi un viaggio. Un road-movie molto movimentato attraverso il “Belpaese” su uno scalcagnato Van. Gli Zen trovano nel (cow)punk e nel folk(combat)rock le uniche vie percorribili per raccontarci con urgenza e dovuta perizia (tra il pubblico e il privato) questo nostro crack economico e spirituale d’inizio millennio. Nel cruscotto troveremo attaccati i santini raffiguranti i soliti noti: i Violent Femmes, gli Stones, i Meat Puppets che ci guardano dall’alto e ci proteggono. Sperando di arrivare a destinazione sani e salvi.
Condito da scariche psichedeliche (Andate tutti affanculo), da trahismi di celentaniana memoria (We just wanna leave), umori western (la coda di It’s Paradise), riot grrrl sound (Vuoti a prendere con Nada) e momenti blueseggianti (Amico mio), l’album è approdo e ripartenza di tre ragazzi cresciuti geograficamente con il sarcasmo del Vernacoliere (non me ne vogliano i pisani), con le nere poesie drogate create nelle tavole di Gipi, con il disincanto post-adolescenziale dei primi film di Virzi.
Il Circo Zen è tutto questo e anche di più: tetra e beffarda consapevolezza che nel presente non v’è certezza. Uno Show che dal vivo si palesa in tutta la sua flagranza.
28/30
OfO
Andate tutti Affanculo sembra quasi un viaggio. Un road-movie molto movimentato attraverso il “Belpaese” su uno scalcagnato Van. Gli Zen trovano nel (cow)punk e nel folk(combat)rock le uniche vie percorribili per raccontarci con urgenza e dovuta perizia (tra il pubblico e il privato) questo nostro crack economico e spirituale d’inizio millennio. Nel cruscotto troveremo attaccati i santini raffiguranti i soliti noti: i Violent Femmes, gli Stones, i Meat Puppets che ci guardano dall’alto e ci proteggono. Sperando di arrivare a destinazione sani e salvi.
Condito da scariche psichedeliche (Andate tutti affanculo), da trahismi di celentaniana memoria (We just wanna leave), umori western (la coda di It’s Paradise), riot grrrl sound (Vuoti a prendere con Nada) e momenti blueseggianti (Amico mio), l’album è approdo e ripartenza di tre ragazzi cresciuti geograficamente con il sarcasmo del Vernacoliere (non me ne vogliano i pisani), con le nere poesie drogate create nelle tavole di Gipi, con il disincanto post-adolescenziale dei primi film di Virzi.
Il Circo Zen è tutto questo e anche di più: tetra e beffarda consapevolezza che nel presente non v’è certezza. Uno Show che dal vivo si palesa in tutta la sua flagranza.
28/30
OfO