Ci sono un cantautore americano, uno norvegese e uno italiano che si mettono a suonare insieme e a sfottere Berulsconi. Sembra una barzelletta? No, almeno per chi ha assistito al prezioso concerto di ieri sera di Terje Nordgarden, cantautore norvegese made in Italy che attinge dalla migliore tradizione cantautoriale americana. Buckley, Drake, Elliot Smith, tanto per intenderci. Nel bel paese Terje ha passato quattro anni, qui si è fatto produrre il disco d'esordio nel 2003 da Benvegnù e nello stesso anno si è esibito nel main stage dell'ormai defunto festival Arezzo Wave.
Nordgarden scalda subito il pubblico, ci sa fare, e si vede da subito, da come imbraccia la chitarra. Canzone dopo canzone stabilisce un rapporto sincero col pubblico grazie a quella voce pulita, lineare e alle sue ballate in cui si fondono folk e blues e che arrivano dritte ai suoi ascoltatori che non possono far altro che partecipare. Battere le mani a tempo viene spontaneo. Mantiene sempre il contatto con chi è lì per ascoltarlo e, quando non gli sembra sufficiente il suo approccio, eccolo che si allontana dal microfono per far sentire la sua voce senza amplificazioni, nuda e cruda. Bellissima. Si vede che ha il piglio di chi ha suonato tanto dal vivo, in quei localini fumosi in cui si va sentire musica dal vivo non conoscendo il cantante di turno e, a fine serata, ci si ritrova sbronzi con lui al bancone. Sa intrattenere e non solo con buona musica. Parla e si confida: una canzone per una ragazza di Sorrento, storia finita male. Il grigiore di un inverno bolognese. Incita il pubblico a tenere alla larga Berlusconi, per quanto sia possibile, e gli dedica un'azzeccatissima "Stay Away", con tanto di coro di tutto il pubblico.
Fa tutto da solo Terje, suona, canta, si accompagna anche con l'armonica, come ogni cantautore che si rispetti, sovraincide con la chitarra più e più volte fino a creare suoni complessi nel modo più semplice possibile. Se sbaglia qualcosa nelle sue sovraincisioni, riparte da capo, non gli interessa la forma, non nasconde l'errore, vuole che il suono sia quello che ha in mente. E se qualcuno parla a voce troppo alta disturbandolo, si ferma, lo rimprovera e ricomincia a cantare. Improvvisa con il pianoforte solo una canzone e, nonostante la mancanza di tecnica, riesce a farsi apprezzare anche in questo frangente, perchè fa della semplicità la sua cifra stilistica. La semplicità di chi sa comunicare con profondità il suo vissuto con i pochissimi mezzi a disposizione e un songwriting fluido e sempre ben costruito.
A fine concerto dà l'ennesima prova di conoscere bene il nostro paese, non solo per le invettive contro il presidente del consiglio, ma anche con un omaggio a De Andrè, "Il suonatore Jones", solo la scelta gli rende onore.
In attesa del suo nuovo disco, in uscita il prossimo autunno, ringraziamo calorosamente il menestrello norvegese.
Voto: 28/30
Eleonora Zeta
Nordgarden scalda subito il pubblico, ci sa fare, e si vede da subito, da come imbraccia la chitarra. Canzone dopo canzone stabilisce un rapporto sincero col pubblico grazie a quella voce pulita, lineare e alle sue ballate in cui si fondono folk e blues e che arrivano dritte ai suoi ascoltatori che non possono far altro che partecipare. Battere le mani a tempo viene spontaneo. Mantiene sempre il contatto con chi è lì per ascoltarlo e, quando non gli sembra sufficiente il suo approccio, eccolo che si allontana dal microfono per far sentire la sua voce senza amplificazioni, nuda e cruda. Bellissima. Si vede che ha il piglio di chi ha suonato tanto dal vivo, in quei localini fumosi in cui si va sentire musica dal vivo non conoscendo il cantante di turno e, a fine serata, ci si ritrova sbronzi con lui al bancone. Sa intrattenere e non solo con buona musica. Parla e si confida: una canzone per una ragazza di Sorrento, storia finita male. Il grigiore di un inverno bolognese. Incita il pubblico a tenere alla larga Berlusconi, per quanto sia possibile, e gli dedica un'azzeccatissima "Stay Away", con tanto di coro di tutto il pubblico.
Fa tutto da solo Terje, suona, canta, si accompagna anche con l'armonica, come ogni cantautore che si rispetti, sovraincide con la chitarra più e più volte fino a creare suoni complessi nel modo più semplice possibile. Se sbaglia qualcosa nelle sue sovraincisioni, riparte da capo, non gli interessa la forma, non nasconde l'errore, vuole che il suono sia quello che ha in mente. E se qualcuno parla a voce troppo alta disturbandolo, si ferma, lo rimprovera e ricomincia a cantare. Improvvisa con il pianoforte solo una canzone e, nonostante la mancanza di tecnica, riesce a farsi apprezzare anche in questo frangente, perchè fa della semplicità la sua cifra stilistica. La semplicità di chi sa comunicare con profondità il suo vissuto con i pochissimi mezzi a disposizione e un songwriting fluido e sempre ben costruito.
A fine concerto dà l'ennesima prova di conoscere bene il nostro paese, non solo per le invettive contro il presidente del consiglio, ma anche con un omaggio a De Andrè, "Il suonatore Jones", solo la scelta gli rende onore.
In attesa del suo nuovo disco, in uscita il prossimo autunno, ringraziamo calorosamente il menestrello norvegese.
Voto: 28/30
Eleonora Zeta