(da Blow Up #202, rubrica "Visti & Sentiti" febbraio 2015)
Nei comodissimi divani del
Klamm (locale nato da pochi mesi
ma che si è già conquistato un posto di rilievo tra i mille che spuntano come
funghi nel movimentato quartiere del Pigneto) i live, non sappiamo esattamente
il perché, acquistano sempre un sapore magico. Sarà per l’atmosfera
cosy che si respira all’interno, sarà la
bravura degli artisti chiamati a suonare in semi-acustico sulle… poltrone; sarà
per la distanza tra artista e spettatore completamente azzerata grazie appunto
ai “democratici” divani, sarà quel che sarà, ogni esibizione al Klamm è sempre
una piacevole sorpresa, una perla inaspettata. Non fa eccezione il live degli
Uyuni, band romagnola capitanata da Nicola “Lompa” Lombardi e fresca di uscita
con il bellissimo album Australe (trovate la recensione su Blow Up #199).
(uno scorcio dei divanissimi del Klamm, dietro Amaury Cambuzat. Eh oh, accontentatevi.)
Dal vivo
la formazione a tre prevede la chitarra acustica di Lompa filtrata da pedali,
pedaliere e tutto quello che si può avere a disposizione per stravolgere e
rendere noisy il suono della chitarra, la batteria minimale (cassa, rullante,
raid) di Inserireilfoppino ora suonata di spazzola, ora pestata più duramente e
la sinuosa tastiera di Alice Berni usata come basso in alcuni pezzi e come
tappeto armonico a mo’ di xilofono in altri. Weird folk non è il termine esatto
ma può servire per far capire i mille sentieri che può prendere il sound del
combo in sede live, partendo appunto dalla spiccata matrice folk-roots. Chicche
pop come Molte volte niente o Albero, suonate in punta di bacchetta e
cantate dal buon Lompa con l’ausilio del controcanto di Alice, si alternano a
umori musicali puramente faheyani come Qualcosa
a cui non pensavi da tempo dove è la chitarra a dominare la scena; brani resi
robusti da botte di slide-guitar distorta e batteria pigiata quanto basta (che
ci ricordano i Bud Spencer) fanno invece da contraltare a momenti di pura
psichedelia e drone-ambient vedi alla voce Ojos
de Salar, lì pensi subito a Six Organs of Admittence (che a parer mio non è
poi così male come modello).
(Albero, una delle più belle e commoventi canzoni folk-pop italiane degli ultimi decenni)
In scaletta anche brani pescati della tradizione
americana come Pretty
crowing chicken e la cover Dark was the night, cold was the ground
di Blind Willie Johnson, per far capire quali siano le radici. Se passassero mai nella vostra città
non declinate l’invito ad andarli a vedere. Ancora meglio se su un comodo divano.