17 febbraio 2011

Hey hey, my my, Rock and Roll can never die..

Rival Sons – Rival Sons - Earache Records 2011. Il mio vecchio cuore rock ha avuto un sussulto all'ascolto di questo EP dei californiani Rival Sons. Quando avevo undici-dodici anni i Beatles e i Led Zeppelin erano i più grandi (beh, confesso che la penso ancora così…). In tempi in cui non esisteva nè internet, né i DVD e le videocassette VHS non erano ancora di uso domestico, riuscii a vedere al cinema il film che ritraeva i Led Zeppelin nel 1973 dal vivo al Madison Square Garden di New York (The Song Remains The Same): per poco non mi sentii male dall’emozione. Ho pianto la morte di John Bonham e il conseguente scioglimento di uno dei gruppi più seminali della storia del rock. Ebbene ascoltando i Rival Sons ho riassaporato certe emozioni giovanili. C’è chi li ha paragonati ai Free. Effettivamente nella loro musica si respira aria di classic rock. A me ricordano molto la furia hard-blues dei primi Led Zeppelin, ma anche la spregiudicatezza ritmica degli Who (periodo Live At Leeds) e l’aroma southern dei Black Crowes. D'altronde l’ottimo chitarrista Scott Holiday (sempre al servizio del brano con i suoi riffs potenti e pronto a sporcare i pezzi con una slide che sa di Delta) non nasconde le loro influenze: il vecchio blues (Muddy Waters, Leadbelly, Howlin' Wolf), il soul (Stax & Motown) e alcuni gruppi inglesi degli anni 60 come gli Small Faces, gli Who e, appunto, i primi Led Zeppelin. Il cantante Jay Buchanan, con una vocalità tra Paul Rodgers e Robert Plant, è il valore aggiunto che fa grande una rock band: la sua calda ugola sa essere, a seconda delle esigenze, acutamente potente o dolcemente profonda. La base ritmica, rappresentata dai bravi Robin Everhart al basso e Michael Miley alla batteria, è un concentrato di precisione e spericolatezza. Attenzione a non pensare che i ragazzi siano solo dei pedissequi imitatori: in realtà hanno talento da vendere e, pur omaggiando la musica che li ha influenzati, sanno creare un proprio sound originale. Sono credibili perché trasudano onestà e passione: la loro è pura energia rock, maledettamente contagiosa. Allora fatevi travolgere dalla veemenza hard di Get What's Coming, dalle zeppeliniane Torture e Radio (con un ottimo Scott alla sei corde), dalla bollente Soul (poco più di 6 minuti di rock blues devastante e grezzo come un diamante non lavorato), dalla dolce e acustica Sacred Tongue, dalla pirotecnica Sleepwalker (dove i Free jammano con gli Zep). Io vi ho avvertito…
Voto: 29/30
Massimo Daziani
P. S. Qualche notizia in più: si sono formati nel 2008. Hanno pubblicato il loro primo strepitoso esordio (Before The Fire - Front Line Music. Voto: 29/30) nell’estate del 2009. Adesso escono con questo EP meraviglioso che si può scaricare a pagamento tramite iTunes. La release fisica sarà curata da Earache Records. A novembre entreranno in sala x registrare un nuovo album sempre per la Earache.

7 febbraio 2011

My Radio Boy@Aut Aut Roma

PREFAZIONE
Ci sono tanti gruppi che meritano di essere scoperti, ascoltati e visti dal vivo. I My Radio Boy sono uno di questi e dal momento che molti di voi si sono persi un gran bel concerto cercherò di raccontarvelo.

TITOLO
My Radio Boy, 21 gennaio 2011@Aut Aut, Roma


SVOLGIMENTO

L’Aut Aut è un localino molto underground (se non suoni il campanello non entri) nell’altra Trastevere, quella lontana dal delirio di americani che affollano locali spenna-turisti.
I My Radio Boy sono Rupert, Mariano e Basile, fanno electro pop e anche tanto spettacolo. Il trio apre le danze con una perla della nostra televisione trash: lo sketch della famosa “borra” di una spettatrice de “La Prova del Cuoco”, firmato Antonellina Clerici. E partono subito le prime risate.
I My Radio Boy sono così, divertenti e irriverenti, sembrano la perfetta colonna sonora per una festa anni ’80 piena di “Palloncini”, un misto tra le sonorità e la scazzoneria demenziale degli Amari e gli Ex Otago. L’approccio live è però senz’altro più diretto col pubblico, assolutamente non nordico-fighetto come quello dei gruppi sopra citati (e chiudo qui la velata polemica). Ma ritorniamo ai nostri My Radio Boy che strizzano l’occhio agli Animal Collective più acidi e lisergici e che sul palco si divertono e divertono il pubblico che non può fare a meno di accennare movimenti di anca e teste a tempo di musica.
Sanno fondere la semplicità e la leggerezza adolescenziale dei testi ad una musica che è sapientemente suonata e stratificata. E allora improvvisamente ritornano in mente oggetti che hanno accompagnato la nostra infanzia, dai palloncini alle biglie da spiaggia e alle bolle di sapone in una sintesi perfetta di recente passato e presente.
Il gran finale del concerto? Giacca di pallet e braccio alzato, immobile in mezzo al pubblico per 5 minuti buoni; uno dei My Radio Boy ci lascia così, col sorriso stampato in faccia e tanti ritornelli che ronzano in testa.


CONCLUSIONE
La prossima volta non perdeteli dal vivo (17 febbraio al Circolo Degli Artisti prima degli Skiantos).


28/30

POSTILLA
Guardatevi questo video esilarante, "Fuga d'amore per organo solo
"

Signorinza Zeta