31 maggio 2010

I due lati di "The Ugly Side Of Love"

Malachai, "The Ugly Side Of Love" (Domino, 2010)



Un Album. Due modi di vederlo. Ecco cosa pensano Eleonora Z e Massimo Daziani sul nuovo lavoro di Malachai.







Bello da mangiare


I - Partiamo con le presentazioni ufficiali: i Malachai sono un duo di Bristol composto da un dj, Studio-Gee a un Mc, Scott. L'album d' esordio "The Ugly Side Of Love", per dirlo alla Dente: "L'amore non è bello", è stato prodotto niente di meno che da Geoff Barrow, mente dei Portishead, mica bruscolini.


Il disco è un guazzabuglio di suoni e inspirazioni diverse. Una breve esplosione di musica patchwork. La tendenza al collage si intuisce anche dalla copertina dell'album che si presenta come una serie di immagini messe insieme senza nessun legame apparente ma con un buon risultato estetico. Dopo un esordio di così grande talento è difficile pensare ai possibili sviluppi musicali del duo di Bristol e, in fondo, questo è un punto a loro favore, come l'impossibilità di incasellarli in un preciso genere musicale, dal momento che si divertono a mischiare reggae giamaicano alla Horace Andy, funky, garage, dub tutto arrangiato con spavalderia psichedelica. Dentro "The Ugly Side Of Love" c'è proprio di tutto: dal campionamento tratto del film cult "The Warriors" che si sviluppa in sonorità garage, alla ballata sixties che ricorda i Kinks e i Beach Boys in versione acida, "Another Sun". In un disco siffatto è molto alto il rischio di creare un calderone di suoni non amalgamati che impazziscono come la panna montata. Abilmente però i nostri Malachai hanno fatto di un potenziale rischio il grande pregio di "The Ugly Side Of Love": un gioiello di disordinato ordine, coeso e ironicamente ispirato. Non manca mai nè sostanza nè energia alle loro canzoni che virano da un genere all'altro in modo assolutamente spontaneo. Assolutamente credibile.


A volte oppressivo, a volte indulgente e selvaggiamente disorientate, l'album tiene vivo il desiderio di dare un senso a questa miscela di suoni dandone un morso e un altro ancora, fino a divorarlo. Buon appetito.


Voto: 29/30


Eleonora Zeta Zarroni



Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde


II - Circa un anno fa mi sono innamorato di un disco intitolato Ugly Side Of Love, realizzato da un duo di Bristol chiamato Malakai, formato da un Dj, Scott Hendy e da un cantante mascherato che si fa chiamare semplicemente Gee. Il disco usciva per l'Invada, etichetta di Geoff Barrow dei Portishead, qui in veste anche di produttore.


Questo loro esordio discografico l'ho anche inserito nella lista dei migliori del 2009. Ma diciamoci la verità: in generale il CD è passato del tutto inosservato. Grande la mia sorpresa nel vederlo ristampare dopo così poco tempo per la Domino/Double Six . Il titolo dell'album è rimasto uguale ma il nome del duo bristoliano è cambiato in Malachai.

Perchè? Crisi di identità? Abile mossa pubblicitaria? Fatto sta che adesso se ne parla di nuovo e questo è un bene, vista la qualità del prodotto. Anche la brava Eleonora Zeta Zarroni li ha segnalati recentemente sul nostro blog. Nella mia recensione dell'anno passato scrivevo: " questo duo di Bristol, pur suonando attuale con i suoi campionamenti, l’uso dell’elettronica, le incursioni nell’universo hip-hop, i ritmi del funky e del reggae, alla fine miracolosamente riesce a fare anche un disco di grande rock con venature psichedeliche, sapori kinksiani e tentazioni glam (pensiamo alla spettacolare Snow Flake che sembra uscita dalla mente di Marc Bolan)..." Ovviamente confermo ancora il mio giudizio positivo e in qualche modo accosto questo disco a quello di Gonjasufi perchè mi sembrano entrambi due lavori che intraprendono una strada nuova e originale per rileggere la classica e immortale forma canzone. Ri-rivelazione.


VOTO: 28/30 +

Massimo Daziani


28 maggio 2010

Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra XIII PUNTATA

Tutto pronto per la tredicesima puntata di "Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra"!!!!! Seguite a partire dalle 16,30 su FUSORADIO le mirabolanti avventure dei vostri web jay preferiti Ofo e Puchos, oggi orfani disperati della Signorina Zeta, nella consueta oretta settimanale di intrattenimento e buona musica! Da non perdere!


Ecco a voi come gustoso antipasto la scaletta della puntata di oggi


Built to Spill - Stop the show
Fiery Furnaces - My egyptian grammar
We Were Promised Jetpacks - It's thunder And It's Lightining
Amor Fou - Peccatori in blue jeans
Primus - Wynona's big brown beaver
Polyphonic Spree - Section 9
McLusky - Whoyouknow
The Temper Trap - Down river
Primal Scream - Rocks
Six Finger Satellite - Rabies
Wilco - Heavy drummer band
Wintersleep - Archaeologist
Dangeroo Duo - Majority of the people
Small Faces - Lazy sunday



24 maggio 2010

Dissonanti armonie


Gonjasufi feat. The Gaslamp Killer; Gil Scott-Heron; Jamie Lidell; The Phenomenal Handclap Band – DISSONANZE 10 – Roma 22.05.2010

Serata indimenticabile sulla terrazza del Palazzo dei Congressi a Roma EUR. Il cartellone era troppo stuzzicante per poter mancare. Alle venti e trenta sale in cattedra uno scatenato Gaslamp Killer che omaggia la capitale con uno dei suoi figli musicali più apprezzati: Ennio Morricone. Ma il ragazzo è nato per stupire e riesce a passare con sorprendente naturalezza dalla tromba mariachi dello spaghetti western, ai riff oscuri degli immensi Black Sabbath. L’atmosfera è pronta per l’ingresso regale di Gonjasufi con tanto di corona dorata che circonda la sua scura criniera rasta. La voce acidula si incrina ma non si spezza e commuove la platea. Particolarmente riuscita una solare versione di She Gone. Non c’è tempo per riprendersi dall’emozioni che sale sul palco una vera leggenda della musica afro-americana: Gil Scott-Heron. Siamo tutti un po’ preoccupati per la tenuta dal vivo, viste le sue note vicissitudini umane. Gil è fisicamente provato dalla sua discesa negli inferi: è magro e dimostra almeno dieci anni di più dei suoi sessantauno compiuti il primo aprile. Però ci sorride, parla, scherza e ringrazia il pubblico. Si mette solitario al piano elettrico e avviene il miracolo: è ancora artista vero, sa regalare brividi! Poi il palco si anima della presenza della sua band e assistiamo ad un concentrato di storia della black music. Mi commuovo per la sua struggente versione di un classico come I'll Take Care Of You. Alla fine tutti ad applaudire un uomo, un artista e una storia a lieto fine che vede protagonista la musica, potente terapia che sa ridare vigore ad anime gravemente ammalate… C’è il tempo di scendere al salone della cultura per assistere agli ultimi venti minuti della performance di Pantha Du Prince raffinato artista “eclettronico”. Poi risaliamo in terrazza per assistere al set di Jamie Lidell che presenta la sua ultima fatica discografica, Compass, uscita per la Warp. Jamie ha una splendida voce, dai toni caldi, molto soul. E la sua musica, miscellanea di funk, soul, jazz, elettronica e sperimentazione, ha bene impressionato dal vivo, risultando più convincente che da studio. In attesa dell’ultimo concerto, sono sceso di nuovo al Salone della Cultura dove aveva cominciato il suo dj set Jeff Mills, una delle star di questa edizione di Dissonanze 2010. La sua performance è prevista per ben tre ore, un’orgia di techno che io, vecchio rockettaro, mi perdo volentieri per ritornare sotto il cielo a godermi il pirotecnico concerto della Phenomenal Handclap Band. Questo gruppo newyorkese, con l’omonimo esordio su Friendly Fire del 2009, ha saputo regalarci una deliziosa musica proteiforme caratterizzata da funk, rock psichedelico, tentazioni prog, venature disco. Dal vivo ci hanno fatto ballare e divertire per più di un ora dimostrando anche un’ottima perizia strumentale. All’una scendo di nuovo nell’ormai colmo Salone della Cultura, dove, nell’affascinante atmosfera creata dai corpi in movimento e dai giochi di luci, impazza la techno di Mills. Ma io, da bravo papà, stanco e felice delle oltre quattro ore di musica live gustate sulla terrazza, mi avvio soddisfatto all’uscita. E quindi uscimmo a riveder le stelle…


VOTO alla serata: 28/30


Massimo Daziani

Eppur si muove...

Dente live @ Prodezze Fuori Area (Roma 23/05/2010)

Ieri pomeriggio, per la prima volta da quando abito a Roma (5 anni circa, NDA), ho avuto la strana sensazione (strana, perchè nuova) che le cose possono succedere qui-ora-adesso, anche nella stanca città eterna.
Capita così che mentre stavo passeggiando di pomeriggio nell'aria pedonale del Pigneto incontro per caso due miei amici che, muniti di birrettina in mano mi dicono: "Vieni a vedere Dente che suona tra cinque minuti in uno scantinato a gratis? Porti da bere o da mangiare quello che vuoi e la festa ha inizio!". Concertino di uno degli artisti al quale sono più affezionato + Portare birrini comprati a prezzi popolari + Senza pagare una cippa d'entrata? Mmm.. Fammi pensare un pò !?!?

Entrando nel bunker di "Prodezze Fuori Area" (gran bel nome!) ho avuto subito la sensazione che finalmente Roma sta iniziando a entrare in quel mood (ormai secolare) che trovi nei quartieri più cool e underground di città come New York, Londra o Berlino. Quei luoghi cioè dove ti accorgi che l'arte nasce dal basso, si crea e si sviluppa da un minuto all'altro (dalle performance alla musica) perchè c'è una necessità di base che la alimenta; là dove gli avvenimenti più significativi e seminali non vengono strombazzati in pompa magna ma si creano da soli e quasi casualmente, Hic et Nunc, arrivando a confondersi con la vita di tutti i giorni. L'arte d'altronde non vive e si nutre di momenti e di casualità?

A questo punto vi potrei parlare del bel live unplugged che ci ha preparato il buon Dente insieme alla sua (ormai stabile) band, dell'atmosfera intima e accogliente per non dire magica che si è creata, del caldo insopportabile che ci ha attenagliato, delle risate che ci siamo fatti e della forte malinconia che trasmettono i brani di Giuseppe Peveri,... ma quello sarebbe un altro articolo, non è questo che conta e ci interessa ora.
Il fatto che realmente conta è stato accorgersi per la prima volta che la Città vive! Ci siamo resi conto che c'è un Presente (e non solo un grande Passato o un esile speranza di Futuro) che non ha nulla di istituzionale ... ecco qual è il succo!
Stai a vedere che il "famoso" Pigneto dove "le cose giovani accadono e succedono" non è solo un bluff di facciata?! Qualcosa si muove realmente.. sembrerebbe.
Ok, non siamo esattamente a Brooklyn, ma a questo punto è lecito aspettarsi nuove Prodezze, anche più spettacolari di questa!!!

Dente: 28/30
Prodezze fuori Area: 30 e lode

Artwork by Eleonora Z.
Foto by Cetti Catalano
Articolo by OfO

21 maggio 2010

Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra XII PUNTATA


Precisi come un orologio svizzero! Anche oggi alle 16,30 non perdetevi l'appuntamento con la nuova puntata di "Notizie Sullo Stato Della Musica Nell'Età Della Pietra" per un'oretta di buona musica in compagnia di Ofo, la Signorina Zeta e Puchos! Ovviamente su FUSORADIO


Ecco la consueta scaletta della puntata, buon ascolto e buon pomeriggio!!!!


Polvo - Can i ride
Humble Pie - Take me back
The Shins - Australia
Le Luci della Centrale Elettrica - Per combattere l'acne
Foals - Cassius
Flaming Lips - She don't use Jally
Peter, Bjorn and John - Young folks
Motorpsycho - The one who went away
The Chap - Proper rock
Daniel Johnston - Casper the friendly ghost
Telekinesis - Coast of Carolina
Wolf Parade - I'll believe in anything
Velvet Underground - Femme Fatale

19 maggio 2010

COMBAT POP


LOVE IS ALL
"TWO THOUSAND AND TEN INJURIES"
POLYVINYL RECORDS (2010)

Ascolto il primo pezzo "Bigger bolder" e penso subito di dover aggiornare il mio archivio con una cartella "new Riot grrrl", ma l'impressione viene spazzata via dalla successiva "Repetition" (molto più elettronica) e dal romanticismo dei testi.

E' facile, oggi, che un gruppo abbia le più svariate influenze, dal punk alla dance, ma la maniera di unire queste due attitudini, teoricamente agli antipodi, dei Love is All ha qualcosa di magico.
Sarà forse a causa della presenza di un sax virtuoso che da maggior peso alle armonie, o dell'approccio simpatico e gioviale del loro genere che possiamo semplicemente descrivere come pop.
Il vero perno del gruppo è però la cantante Josephine Olausson, che oltre a possedere una voce stridula sembra saper descrivere molto bene, nei suoi testi, le vicessitudini amorose.

Two Thousand And Ten Injuries, nonostante il suo essere carico di spirito adolescenziale, non è un debutto, gli svedesi hanno infatti alle spalle altri due dischi diciamo più hype e zuccherosi (Nine Times That Same Song, del 2005 e A Hundred Things Keep Me Up at Night di due anni fa). Quello che il nuovo lavoro sembra voler fare è un avvicinarsi a un suono più adulto, meno colorato e dal buon supporto strumentale (come mostra "The Birds Were Singing With All Their Might").
L'agressività resta spesso negli intenti, creando un disco di rabbiosissimo twee pop!!

28/30
Fox

16 maggio 2010

La Regina Di Cuori

 John Grant – Queen Of Denmark – Bella Union 2010

Per questa recensione potrei cavarmela con lo scrivere semplicemente: comprate questo disco perché è bellissimo. Confesso che la tentazione di sbrigarmela così velocemente è forte. Fra l’altro, come sempre capita quando ci si trova di fronte ad un gioiello musicale come questo, non è impresa facile descrivere le sue mille sfaccettature. E’ come tentare di dipingere i colori di un diamante puro che cambiano alla minima modificazione della luce. Tenterò comunque nell’ardua impresa.

Cominciamo con il dire che la bellissima voce di Grant e la sua capacità di scrivere splendide canzoni crepuscolari erano già abbondantemente emerse nei dischi del suo gruppo, gli Czars. Tutta la discografia della band di Denver (da Before...But Longer a Goodbye, passando per quell’ultimo splendido cover album che è Sorry I Made You Cry) testimonia già la grandezza del nostro nella duplice funzione di autore e cantante. Ma come succede ai più grandi interpreti della musica rock, spesso è nella veste solista che essi raggiungono il massimo della loro arte. Insomma si potrebbe dire che John Grant sta a Van Morrison come gli Czars stanno ai Them. Il nostro John, orfano del suo gruppo, ha cominciato a suonare dal vivo. Tra le band a cui ha aperto i concerti, figuravano anche i Midlake, splendido gruppo americano irrimediabilmente innamorato del folk-rock britannico. Tali baldi giovani texani sono rimasti stregati dalle canzoni di Grant e hanno deciso di fargli incidere un disco. Il risultato è questo meraviglioso Queen Of Denmark. I Midlake sono stati eccezionali nel creare un suono ricco, curato nei minimi particolari, capace di esaltare la bellezza dei brani e la calda voce di John. 

L’inizio del disco è spettacolare, affidato a tre piccoli capolavori. Tc And Honeybear è un distillato di pura malinconia con quell’arpeggio di chitarra folk e l’originale presenza di un soprano lirico. Il piano di I Wanna Go To Marz introduce una ballata di struggente e cristallina bellezza, impreziosita da un arrangiamento d’archi degno del miglior Canterbury sound. Con Where Dreams Go To Die Grant dà il meglio di sé. Si tratta di un brano crepuscolare che spicca per un’interpretazione vocale maestosa che sta tra David Sylvian e Scott Walker. E’ una ballata romantica e commovente che punta dritta a quel muscolo che batte incessantemente nei nostri petti. Basterebbero già queste canzoni a far entrare il disco tra i migliori lavori del 2010. Ma John è in stato di grazia e continua a deliziarci con altre perle come la deliziosa Chicken Bones, che non avrebbe sfigurato in un album del grande Kevin Ayers, o come la beatlesiana Silver Platter Club. Con Caramel e Queen Of Denmark si torna dalle parti di quelle ballate di cui il nostro è impareggiabile maestro e che sono pura espressione di un’anima tormentata. JC Hates Faggots, Sigourney Weaver e la splendida Leopard And Lamb sono ancora canzoni di altissimo livello, arricchite dagli arrangiamenti sontuosi degli ispiratissimi Midlake. I testi di Grant parlano del disagio di aver vissuto la propria omosessualità in una gretta e chiusa provincia americana, narrano di amori disperati, di sogni, di desideri e speranze con toni malinconici, ironici e a volte rabbiosi. Il nostro ha una scrittura comunque diretta, incisiva, talvolta dura, che trasuda sentimento ma rifugge da ogni sentimentalismo. Insomma avrete capito che si tratta di un capolavoro di cui ci ricorderemo anche negli anni a venire. Concludo con un’avvertenza: attenzione, l’ascolto ripetuto di questo disco può dare una deliziosa dipendenza…

VOTO: 29/30 +

Massimo Daziani

P.S. Se vi sono rimasti ancora un po’ di soldi da spendere, non esitate a comprare anche l’ultima fatica dei Midlake, The Courage Of Others (Bella Union). E speriamo che il gruppo texano venga dalle nostre parti in tour con John Grant: potrebbe essere uno dei concerti dell’anno…

14 maggio 2010

Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra XI PUNTATA

Siete pronti per un'altra puntata di "Notizie Sullo Stato Della Musica Nell'Età Della Pietra"?
Alle 16:30 potrete ascoltare i vostri web-jay preferiti: OfO, Signorina Zeta e Puchos su FUSORADIO.


Buon venerdì pomeriggio!


Broken Social Scene - Forced to Love
Malachai - Shitkiker
Fleet Foxes - Whitee winter hymnal
Oxford Collapse - Please visit our national parks
Big Sir - East side west side blue
Plants and Animals - Bye bye bye
Piano Magic - On edge
God Help the Girl - God help the girl
Tv On The Radio - Wolf like me
...A Toys Orchestra - Red alert
Gutter Twins - Idle Hands
Wild Beasts - All the kings man
Echo and The Bunny Man - The killing time

12 maggio 2010

Intervista a Samuele dei THE CALORIFER IS VERY HOT!

Samuele dei THE CALORIFER IS VERY HOT!, band italiana in cui si ritrovano tutte le sfumature della miglior tradizione electro-melodica internazionel, si concede a "Notizie Sullo Stato Della Musica Nell'Età Della Pietra" per una breve intervista, in occasione del suo tour con MY BUBBA & MI, trio femminile danese semplicemente irresistibile

Intanto, complimenti per il nome "The Calorifer Is Very Hot", originale, simpatico, un pò come la vostra musica: quando e come siete nati/vi siete incontrati?
Scontrati! E nati. Un po' come un frullato. Nani e Nicola erano già musicalmente insieme ai tempi dei Juxtabrunch. Io sono quello con lo strumento grande, hanno sentito dire che fa effetto sul palco e io ero disponibile. Nelle nostre zone di campagna quando si suona ci si conosce facilmente un po' tutti.


E invece come nasce la collaborazione fra te e la band danese "My Bubba & MI"?
Tramite Headphonesman booking le avevamo invitate lo scorso anno a suonare in Italia. Ci sono piaciute, abbiamo registrato il disco (il plurale include sempre Alessandro Paderno dei Le Man Avec Les Lunettes) e adesso mi trovo a guidare il furgone con le ragazze per 5 settimane di tour. Anche in questo caso non ci sono troppe cose pianificate ma piuttosto una serie di evoluzioni naturali.


Nella musica dei TCIVH si mescolano melodie electro-pop, glitch, un pò di folk e gusto retrò, quali sono le vostre fonti di ispirazione?
Il non focalizzarsi e l'essere sempre direzionati a fare quello che ci piace al momento. Abbiamo tanti gusti e pareri differenti e aperti. Diventa normale trovarsi a fare canzoni che suonano in modi diversi ma che ci fanno felici. Poi come ti scrivevo sopra, non siamo molto interessati ai generi, pur senza stare sui generis.

Dopo "Marzapan in Zurich" e "Evolution On Stanby", quali sono i vostri progetti futuri?
Siamo ancora dei teenager a livello organizzativo, mille progetti e tanto entusiasmo. Chissà quale sarà il prossimo p
asso. Di sicuro a Maggio saremo ancora in tour in Europa.

Che cosa ascoltavi durante l'adolescenza? Con che tipo di musica ti sei formato musicalmente?
Sono ancora un'adolescente! (inside) e credo di essere in costante formazione, mi piace ascoltare e imparare dall'ascoltare. Quello che più mi ha formato è stato andare a tutti i concerti possibili. Ho scoperto tanti gruppi senza conoscerli solo andando alla cieca al concerto. Poi sono cose che ti formano, sia che facciano punk che sperimantale o classica.


Hai una preparazione musicale accademica o da autodidatta? e i tuoi compagni?
Siamo piuttosto autodidatti... Ahhi!

Come vedi i TCIVH e My Bubba & Mi fra 10 anni?
Invecchiati! E leggendo il fondo del caffè mi hanno appena detto che sarò sposato.

Quali sono le band italiane che preferisci nel panorama attuale? E dal di là delle Alpi?
Ci sono tante cose che
apprezzo e ascolto. Non sempre vengo sorpreso dai dischi quanto dai live. E in questi momenti mi dimentico sempre le risposte esatte. Probabilmente fra 5 minuti prenderò in mano un disco e penserò "caspita, avrei potuto dirgli questo!". Ma ho appena terminato un pranzo romano e la digestione mi sta spegnendo il cervello!


Eleonora Zeta Zarroni

Fun and interesting

THE CHAP live@DIMMI_EXPLOIT FESTIVAL
Roma, 11 maggio 2010

Se conosci i The Chap solo su disco, non sai cosa aspettarti dal vivo. Angosce, dubbi e rimorsi ti attanagliano mentre percorri la via che ti porta al Dimmi di Roma e al mini festival di Grinding Halt, Exploit. Le domande sono quelle tipiche che ti fai quando sul palco sta per esibirsi una band che ha molto a che fare con suoni sintetici e raffinati: "Ma con tutta st'elettronica che usano... saranno capace di suonare veri strumenti dal vivo? Riusciranno a trasmetterti almeno una minuscola parte delle atmosfere che caratterizzano Mega Breakfast (capolavoro, tra parentesi, del 2008)? E sopratutto: il live sarà godibile?"

Non l'avessi mai detto o pensato... I dubbi sono subito fugati dopo sole tre o quattro battute dall'inizio del Live quando viene fuori di che pasta sono fatti i quattro ragazzi londinesi!
Ti arriva una botta di suono che ti sconquassa e rimani interdetto a contemplare un amalgama e un impasto sonoro micidiale, di rara potenza e precisione. Reinventano il proprio stile così come lo conosciamo dai dischi, fatto di tanta elettronica e sperimentazione, per trasformarsi in una perfetta e potente macchina rock. Che siano canzoni d'approccio dance, istinto punk o sofisticate improvvisazioni avant-garde. Per non parlare dell'impatto fisico sul palco. Sculettano dando le spalle al pubblico, scendono a suonare in mezzo alla gente e cantano "We Work In Bars" con un finto sorriso stampato in faccia. Il ritornello killer di "Fun and Interesting" è resto ancora più "fun and interesting" dai cartelli sventolati dalla tastierista Berir Immig. Prendono in giro i cliché dell'indie rock, ma anche se stessi con balletti sgangherati e ammiccamenti da divi pop. Non c'e' solo del sano ed onesto cazzeggio, ma tanta bravura, tecnica ed energia ed il risultato finale è "super super" divertente e intelligente.

Il giorno dopo, però, rimangono le seguenti sensazioni, in ordine assolutamente casuale:

1. un pò di amarezza, perchè di concerti così se ne vedono davvero pochi
2. il fischio nelle orecchie

3. la consapevolezza che saltellare su un palco con dei pantaloncini color kaki oscenamente corti e suonando un violino (uno dei tanti siparietti del bassista Panos Ghikas) è cosa che solo in pochi possono fare.

Parola di tre grandi amanti di concertini: dal vivo 'sti Chap... fanno le fiamme!!

OfO, Puchos, Eleonora Zeta Zarroni

8 maggio 2010

Friday & Saturday Night Live Fever

Stavolta la febbre live ha avuto un picco notevole grazie alle due serate concertistiche romane: la temperatura aveva il primo rialzo già venerdì sera con gli ... A Toys Orchestra, per poi aumentare notevolmente il sabato con il duo Mehldau-Redman, tanto da rendere necessario l'uso di dosi massicce di antipiretico...

... A Toys Orchestra - Circolo Degli Artisti - Roma 07.05.2010

C'era qualche timore che le nuove canzoni di Midnight Talks, così sontuosamente arrangiate, perdessero di efficacia nella più scarna riproposizione dal vivo. Ma il rischio è stato brillantemente evitato dalla band campana con una buona dose di energia elettrica. Moretto & Company hanno dato vita ad un set live potente e ispirato sempre in perfetto equilibrio tra brani adrenalinici (tra tutti una vigorosa versione di Mystical Mistake) e intense ballate (da ricordare una sentita Look In Your Eyes). Molto apprezzata dal numeroso pubblico è stata la ballad Mrs. Macabrette, pezzo forte del loro precedente album Technicolor Dreams. Unica nota stonata i soliti cretini in fondo alla sala che hanno parlato per tutto il concerto ( Moretto ha più volte chiesto un po' di silenzio per i brani più lenti...): ma che c... ci vengono a fare?
VOTO:27/30

Joshua Redman & Brad Mehldau - Auditorium - Roma 08.05.2010

Due mostri sacri del jazz contemporaneo si incontrano sopra un palco e fanno un grande concerto. Brad Mehldau ha un tocco pianistico inconfondibile con la mano sinistra che tiene il giro armonico facendo contemporaneamente le caratterizzazioni ritmiche, mentre la mano destra può essere libera di improvvisare. Il suo frequente ricorso all'uso delle dissonanze è sempre nel rispetto della trama narrativa del brano. Invece il tenorsassofonista Joshua Redman (qui impegnato anche al sax soprano) ha uno stile caldo e tecnicamente impeccabile che si sposa perfettamente con la personalissima cifra stilistica di Mehldau, sempre pronto a stupirci con il suo linguaggio immaginifico. In questo concerto romano i due hanno saputo incantarci con brani tratti dall'ultimo ottimo disco di Brad (Highway Rider uscito per la Nonesuch) come la slendida Old West e con standard di Thelonious Monk e Charlie Parker; superba la versione di Smells Like Teen Spirit (sì proprio quella dei Nirvana). Quasi due ore di musica che sa essere contemporaneamente raffinata, preziosa e estremamente coinvolgente. VOTO: 29/30
P. S. Grazie a Massimo che , da buon pianista, mi ha dato preziose spiegazioni tecniche...

Massimo Daziani

7 maggio 2010

Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra X PUNTATA

Bentornati e buon pomeriggio carissimi amici di FUSORADIO.
Ecco a voi la scaletta STREPITOSAMENTE PRIMAVERILE di Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra.

Buon ascolto, buon divertimento e buona primavera!

Jonsi - Go Do
The National - Mr. November
NiN - The Heand that feeds
Phoenix - Lisztomania
The Antlers - Sylvia
Erase Errata - Giant Hands
The XX - Islands
TCIVH - Dying busting out
Wax Taylor - Que Serà
Oblivians - Christina
Two Doors Cinema Club - At that up, it's good for you
Magnetic Fields - I think i need a new heart
Milk White - A Hommage to...
Gary Numann - Cars

5 maggio 2010

Oldies But Goodies

La primavera ci ha portato alcuni ottimi dischi di artisti “storici”. Ecco allora una veloce carrellata di queste perle musicali: i vecchi leoni riescono a ruggire ancora (a volte anche dall’oltretomba…)

Johnny Cash – American VI: Ain’t No Grave – Lost Highway 2010

Ultimo atto dello splendido progetto musicale di Rick Rubin (che sempre sia lodato): far interpretare al grande Johnny Cash canzoni altrui nel suo inconfondibile stile vocale. Uscito il 26 febbraio quando Johnny avrebbe compiuto 78 anni, è il secondo album postumo, con pezzi registrati durante le stesse sessions di American V: A Hundred Highways (2006) tra il maggio e il settembre 2003. Ancora c’è Benmont Tench alle tastiere, ma è presente anche un altro gigante degli Heartbreakers, il chitarrista Mike Campbell. In un brano compaiono gli Avett Brothers. Tutti questi musicisti si mettono a disposizione di Cash e lui fa diventare uniche canzoni come Ain’t No Grave , Redemption Day di Sheryl Crow (meravigliosamente trasfigurata) o For The Good Times dell’amico Kris Kristofferson. Un disco stupendo come i suoi predecessori, registrato a pochi mesi dalla morte di questo mitologico artista e che ha il sapore di un definitivo testamento artistico. “The Man In Black” is back. Profetico.
VOTO: 29/30

Mose Allison - The Way Of The World - Anti 2010

A proposito di produttori dal tocco magico come Rick Rubin, non possiamo non citare il grande Joe Henry, che peraltro è anche un ottimo musicista. Da un po’ di anni ha deciso di riportare a nuova vita antiche glorie musicali, nonché suoi eroi personali. Così ha prodotto con rispetto e sensibilità personaggi del calibro di Solomon Burke, Ramblin' Jack Elliott, Allen Toussaint, Bettye LaVette. Ultima sua impresa è stata quella di convincere l’ottantaduenne pianista americano Mose Allison ad incidere nuovo materiale dopo dodici anni. In questo disco ritorna miracolosamente intatto quel suo sound inconfondibile a metà tra jazz e blues, elegante e soffuso, cantato con una voce flebile, flebile (no, non è colpa della sua età avanzata: è sempre stata così). Un maestro adorato da grandi artisti come Van Morrison, The Who, Rolling Stones, The Clash, Pixies, da scoprire o riscoprire grazie a questa deliziosa raccolta di canzoni, interpretate come sempre con ironia, dolcezza e un pizzico di malinconia. VOTO: 27/30

Ray Wylie Hubbard - A. Enlightenment B. Endarkenment (Hint There Is No C) - Bordello 2010

Paladino del country rock, vero beautiful loser del panorama musicale a stelle e strisce, Ray Wyle Hubbard all’età di sessantaquattro anni non demorde e sforna un signor disco, ben suonato e splendidamente interpretato. Per le orecchie degli intenditori di american music è un piacere ascoltare brani che sanno di delta blues come Down Home Country Blues, Wasp Net, Tornado Ripe, pezzi che sembrano usciti da una chiesa battista (pensiamo alla splendida Whoop Hollar con un accompagnamento di solo battiti di mani e coro), canzoni dal retrogusto old time come The Four Horsemen Of The Apocalypse o inevitabili e suggestive derive dylaniane (vedi Black Wings). Damn right he got the blues! VOTO: 28/30

John Hiatt - The Open Road - New West 2010

John Hiatt è il più giovane del lotto (cinquantotto anni) anche se fa dischi da oltre trentacinque anni. Dotato di una voce inconfondibile, rauca e pastosa, dimostra di saper scrivere ancora belle canzoni ispirate alla tradizione musicale americana. Rispetto alle sue ultime prove discografiche un po’ appannate, questo disco risulta decisamente più convincente grazie anche ad una solida band (ottimo il chitarrista Doug Lancio) che sa colorare i pezzi con un suono caldo ed elettrico. Allora lasciatevi conquistare dalle classiche ballate alla Hiatt come Movin On e Wonderful Of Love, dal bluesaccio di My Baby, dal classic rock di What Kind Of Man. John is on the road again. VOTO: 27/30


Massimo Daziani