28 marzo 2011

Good News From Dixie’s Land, parte seconda

Lucinda Williams - Blessed - Lost Highway 2011.

Ecco un diamante grezzo della Dixie’s Land: Lucinda Williams. Da più di trent’anni questa figlia del Sud ha saputo toccare le più fragili corde del nostro animo con la sua arte sonora , grazie ad un songwriting che narra di disperazione, amori, perdite, cadute e resurrezioni, con una voce indolente e sofferta che è figlia del padre di tutti i beautiful losers, Hank Williams. Questa Dixie Lady ha pubblicato uno degli album più belli della sua già gloriosa carriera, Blessed, quasi una summa della sua estetica musicale, disco in perfetto equilibrio tra tempi rock e dolenti ballate, tra spirito country e contaminazioni black. E su tutto spicca la qualità sopraffina di queste canzoni. Si parte energici con il rock di Buttercup, ci si commuove con Copenaghen, ballad che è pura emozione in forma di note, dedicata al suo manager Frank Callari, scomparso il 26 ottobre del 2007. Uno dei brani più belli dell’album è Born To Be Loved venata di blues, con un lavoro delizioso di Rami Jaffee all’organo Hammond a cui risponde in maniera sopraffina uno strepitoso Greg Leisz alla chitarra elettrica. Ma il momento più alto del disco è quella Seeing Black dedicata, in modo amorevolmente rabbioso, al grande Vic Chesnutt. La rabbia di un’amica a cui non è piaciuto per niente il modo in cui Vic se n’è andato, lasciando un grande vuoto dietro di sé (sono parole che la nostra ripete in tutte le interviste, se interpellata sull’argomento). Lucinda quando canta “ When you made the decision to get off this ride/Did you run out of places to go and hide/Did you know everybody would be surprised/When you made the decision to get off this ride” esprime il dolore di tutti gli amanti del grande Chesnutt e l’eterna, umana incapacità di accettare la morte: semplicemente da brividi. E se questo non bastasse ci pensa un incredibile Elvis Costello a chiarire definitivamente la dolorosa incredulità del testo di Lucinda con un assolo di chitarra di rara intensità. Insomma un disco consigliatissimo, da ascoltare ad occhi chiusi, per trovare la strada che ci porti fuori dal tunnel del dolore, per uscire a rivedere la luce di una possibile palingenesi. To Be Born Again.

Voto: 29/30

Josh T. Pearson – Last Of The Country Gentlemen – Mute 2011.

Storie del Sud, storie che narrano di un’ umanità in cerca di se stessa. Josh T. Pearson nel 2001 si fa conoscere come leader dei Lift To Experience, pubblicando uno splendido album, The Texas-Jerusalem Crossroads. Poi più nulla. Ecco che ricompare dieci anni dopo, con una barba che manco un patriarca e, quasi in solitario, pubblica un disco intenso ed essenziale, frutto di un songwriting fragile e crepuscolare. Un album che fa sua l’estetica musicale di Townes Van Zandt, scarnificandola però all’osso. I brani di questo disco sono lunghi, acustici, mettono a nudo i tormenti di un amore finito (come nella superba Woman, When I've Raised Hell), le passioni e i conflitti interiori del suo autore, quasi in uno stream of consciousness. A volte sono resi ancora più struggenti dalla presenza degli archi (come il violino nella meravigliosa Country Dumb) . Un disco difficile, lento, oscuro, da ascoltare con attenzione, maledettamente coraggioso nei nostri tempi veloci. E proprio per questo prezioso e memorabile.

Voto: 28.5/30


Massimo Daziani

6 marzo 2011

Good News From Dixie’s Land

Buone vibrazioni musicali arrivano dal Sud degli Stati Uniti, una terra che da sempre ci ha regalato artisti eccezionali. Dalle regioni meridionali del Nord America è nato un caleidoscopio musicale in cui troviamo il blues (dal più terrigno stile Delta, al più sofisticato stile Piedmont, passando per il corposo blues suonato nel Lone Star State), la proteiforme tradizione sonora di New Orleans, la country music, il sapido soul di scuola Stax (via Muscle Shoals), la magnifica tradizione cantautoriale texana che, prendendo ispirazione dalla vena più malinconica dell’immenso Hank Williams, mischia folk, country, blues e rock (pensiamo a nomi importanti come Guy Clark, Townes Van Zandt, Steve Earl), il southern rock dei padri fondatori Allman Brothers Band e Lynyrd Skynyrd fino ad arrivare, in tempi più recenti, alla magnifica avventura musicale dei Black Crowes.

Aaron Neville - I Know I've Been Changed - Tell It Records 2010.

Quando a fine anno ho saputo che Aaron Neville aveva fatto uscire un disco gospel prodotto da Joe Henry (prima o poi bisogna beatificarlo..) e che il nostro era accompagnato al piano da sua maestà Allen Toussaint, ho avuto un tuffo al cuore e ho sperato di ascoltare grande musica. E vi assicuro che non sono stato deluso. La voce angelica di Aaron con il suo inconfondibile falsetto canta una manciata di classici con un’intensità unica e una classe cristallina. La scelta di Henry è quella di un suono scarno, blues, grazie anche alla presenza di un ottimo Greg Leisz alla dobro e lap steel, di Chris Bruce alle chitarre, di Patrick Warren alle tastiere e di una base ritmica calda ed essenziale (il grande Jay Bellerose alle pelli e David Piltch al basso). Difficile scegliere tra queste dodici perle. Possiamo ricordare una dolce Stand By Me, la gioia contagiosa di I Done Made Up My Mind, un’intensa I Know I’ve Been Changed con Toussaint che dà lezioni di piano a tutti. In Don’t Let Him Ride i ritmi si alzano e dietro al piano boogie di Allen si scatenano i solo di Bruce, mentre un coro mantiene alto il climax. Splendida You Got To Move con il pianismo di Toussaint che strizza l’occhio al maestro Professor Longhair. Oh Freedom è un balsamo per l’anima con quell’inizio a cappella e quella slide guitar che sottolinea la dolcezza delle blue notes di Toussaint. Meetin’ At The Building con contrabbasso, battito di mani e una dolce chitarra acustica è pura, semplice eleganza. Insomma un disco splendido che ci rende migliori al solo ascoltarlo. In God We Trust…

Voto: 29/30

North Mississippi Allstars - Keys To The Kingdom - Songs Of The South Records 2011.

Questo trio, composto dai fratelli Dickinson (Luther chitarra, Cody batteria) e dal bassista Chris Chew, sono ben quindici anni che ci delizia con le sue proposte musicali. I nostri, inizialmente paladini di quel blues delle colline del Mississippi Settentrionale (rappresentato da artisti del calibro di R.L. Burnside e Junior Kimbrough), hanno saputo arricchire il loro sound con altre contaminazioni musicali. Con questa nuova fatica discografica si compie un passo ulteriore verso la ricerca di uno stile più variegato. I NMA si dimostrano più attenti alla forma canzone, meno ancorati al ruvido boogie-blues suonato nei juke joints del North Mississippi. Così in questo ottimo album, dedicato alla memoria del padre dei frateli Dickinson (il grande musicista, sessionman e produttore Jim) convivono brani country rock (pensiamo alle ballate elettriche How I Wish My Train Would Come e Hear The Hills), pezzi dal sapore gospel (vedi lo splendido cammeo di Mavis Staples in The Meeting), l’immancabile North Mississippi Hill Country blues (Let It Roll), energici rock blues (New Orleans Walkin' Dead, This A'way, Ain't None O' Mine) e deliziosi intermezzi acustici country-blues (Ol' Cannonball). Un disco vario e convincente.

Voto: 28,5/30

Massimo Daziani