26 febbraio 2010

Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra _ III PUNTATA

Oggi, 26 febbraio, ore 16:30, va in onda la III puntata di "Notizie sullo stato della musica nell'età della pietra" su FUSORADIO.
Il buon Ofo, il tenerone, e la Signorina Zeta, la guastafeste, vi terranno compagnia un'oretta, dalle 16:30 alle 17:30, con tanta bella musica, battute e tante risate. Finalmente sveleremo il mistero di Andrea da Liberazione....

A voi la scaletta della terza puntata:

Beirut - The Shrew
Hot Chip - One Life Stand
Pavement - Cut Your Hair
Nick Cave feat. Pj harvey - Henry Lee
Fujiya and Miyagi - Collarbone
Rain Machine - New Last Name
The Cure - Jumping Someonelse's Train
The Gentlemen's Agreement - Blonde Country Girl
Sigur Ros - Hoppipolla
Vampire Weekend - Holiday
Elliot Smith - Misery Lane
Bugo - Nel giro giusto
Screamin' Jay Hawkins - I Put a Spell On You

24 febbraio 2010

Teche Rock


Spirit - Twelve Dreams Of Dr. Sardonicus (Epic 1970)

Nell’altro secolo, intorno alla prima metà degli anni ottanta, esistevano supporti “primitivi” come i dischi in vinile o le musicassette. Fare compilations non era così semplice come oggi con i files musicali. Era un lavoro certosino: bisognava azzeccare il momento giusto per far cadere la puntina un attimo prima che cominciasse il brano. Cose pioneristiche! Il formato di musicassette che adottavo più volentieri era quello che durava 90 minuti: il migliore per riversare su cassetta 2 album e poter così sentire musica anche sui registratori portatili. Sicuramente la cassetta più ascoltata nella storia della mia raccolta sterminata (più di 500 cassette da 90 minuti) è stata quella che raccoglieva sulla parte A “Moondance” di Van Morrison e sulla parte B “Twelve Dreams Of Dr. Sardonicus” degli Spirit. Per colpa di questa micidiale accoppiata ho passato molte notti insonni: finito il soul celtico di Van, mi buttavo sulle atmosfere eteree degli Spirit e così via. Scusate la divagazione, ma quando parlo del capolavoro degli Spirit mi torna automaticamente il pensiero a quei giovanili giorni (e se non avete “Moondance” nella vostra discografia, correte subito a comprarlo). Dicevamo degli Spirit: uno dei gruppi più originali della storia del rock. Tutto nasce nel 1965; fatidico l’incontro di Randy Wolfe (quattordicenne chitarrista alle prime armi) e di sua madre Bernice con il trentaquattrenne batterista Ed Cassidy. Ed diventerà marito di Bernice e patrigno-batterista di Randy. Cassidy è musicista dai trascorsi jazz e il suo stile swingante sarà uno dei tratti caratteristici del suono Spirit. Randy nel 1966 incontra Jimi Hendrix, che intuisce le sue qualità e lo recluta nei Blue Flames. Hendrix ribattezza il giovane chitarrista come Randy California e con un padrino così chi te lo toglie più il soprannome. Il ragazzo è troppo giovane e la madre non consente che segua Hendrix in giro per il mondo. A questo punto nel 1967 si formano gli Spirit Rebellious con Cassidy, California e John Locke, ottimo tastierista amico di Ed. All’ingresso in formazione di Jay Ferguson (voce solista e tastiere) e Mark Andes (basso e voce), la sigla si riduce a Spirit e comincia la grande avventura dei nostri. Il primo disco omonimo esce nel 1968 ed è un ottimo esordio. Difficile definire la loro musica, perfetta alchimia tra rock psichedelico, influenze jazz, pop ed originali spunti strumentali tipici del progressive. L’anno dopo esce “The family that plays together” ed è già capolavoro. Le atmosfere si fanno più sognanti e qualcuno osa paragonarli ai Beatles più psichedelici, soprattutto per la cura degli impasti vocali. Di quel disco va ricordata “I got a line on you”(unico singolo di successo del gruppo) e l’onirica ballata“It shall be”. Alla fine del 1969 esce anche il loro terzo lavoro,” Clear”, più rock e meno ispirato. Finalmente arriviamo al 1970, quando per la Epic esce “Twelve Dreams Of Dr.Sardonicus”. Il disco è semplicemente meraviglioso e riesce ad essere la summa del suono Spirit. I brani sono legati uno all’altro (Sgt. Pepper’s docet) e accanto al classico mix di psichedelica, pop e jazz, ci sono anche energiche iniezioni di fiati r&b; la voce di Ferguson non è stata mai così dolce ed evocativa e le armonie vocali mai così perfette. Il disco va ascoltato tutto insieme , ma ricordiamo almeno la meravigliosa ballata acustica “Nature’s Way”, lo scanzonato rock di “Animal Zoo”, la splendida “Mr. Skin” che magicamente unisce pop, rock e funky, la ballata acida “When I touch you” con strepitosa coda strumentale (micidiale il riff della chitarra hendrixiana di California) e il soul psichedelico di “Morning Will Come”. Insomma ci troviamo di fronte ad uno dei capolavori del rock classico : affrettatevi, siete ancora in tempo per sognare insieme al Dottore Sardonico...

VOTO: 30/30

Massimo Daziani



23 febbraio 2010

Sua maestà, Re Owen

OWEN PALLETT - HEARTLAND (CD Domino/Self, 2010)


Cosa ha di speciale Owen Pallett? Come ha fatto quest’uomo a entrare prepotentemente nel gotha degli autori del pop sinfonico e orchestrale d’avanguardia? Un territorio che sembrava ormai logoro e sfruttato fino all’osso dopo che qui hanno fatto fortuna gente del calibro di Jim O’Rourke, Sufjan Stevens, Beirut, Andrew Bird e tanti altri ancora. Cosa avrà mai di grandioso Owen allora? Partiamo dicendo che l’ultimo Heartland è a dir poco un grande album, fresco, colorato e catchy quanto basta da diventare l’utimo sigillo del genere, pietra miliare di una carriera che definire imponente e strepitosa è dire poco o nulla.


Owen, violinista di estrazione classica (..e si sente), oltre che essere stato il fondatore e lider maximo dei Final Fantasy, sfornando con essi una manciata di dischi e Ep deliziosi, è ed è stato fondamentalmente l’eminenza grigia, come violinista e arrangiatore, di alcuni fra i più begli album degli ultimi anni in ambito avant-pop (out-pop, art-pop… fate voi).

Prendiamo per esempio Yellow House capolavoro(!) dei Grizzly Bear, il risultato senza dubbio per ora più alto della band newyorkese. Cosa sarebbe quest’album senza gli incastri e le coloriture armoniche degli arrangiamenti scaturiti dai strumenti a corda? Chiedetelo a Owen, nel libricino dell’album lo troverete alla voce string arrangiaments. E che fine farebbe lo strepitoso(!!) The Fliyng Club Cup del già citato Beirut senza quei sinuosi violini di In the Mausolium, l’organo iniziale di Nantes e tutti gli arrangiamenti dei pezzi, se non ci avesse messo mano il sig. Pallett?

Ma soprattutto quel monumentale disco (!!!) che è Funeral degli Arcade Fire, (vincitore nel nostro blog come miglior album dello scorso decennio) avrebbe fatto incetta di premi e riconoscimenti planetari senza il tocco del buon Pallett (anche qui in veste di violinista e arrangiatore)?

Beh?! Queste tre prove (tutti e tre i dischi sono nella nostra classifica finale degli anni a doppio 0) più le preziose collaborazioni con Hidden Cameras, Mountain Goat, Mika e addirittura quella con gli hardcored Fucked Up, se non fanno una/la verità, poco ci manca. Quello che tocca l'eclettico Owen diventa oro. Ma sarebbe ingeneroso anche non dire che quello che tocca Owen diventa oro per il bagaglio dello stesso musicista.

E questo Hartland altro non è che un riassunto (riarrangiato) della carriera del Re Mida canadese che qui ci mette anima, cuore e voce… e che voce.

Cadenzato da un tocco molto femminile e chicchettoso, l’album ci fa assaporare delicate sinfonie d'atmosfera come Keep the Dog Quiet che sfociano in follie lisergiche e nervose come in Mount Alpentine, marcette elettronicihe di maniera (Red Sun No. 5) che si alternano a momenti dance-sinfonici con possibilità da classifica (Lewis take actions).

Insomma qui c'è tutto quello che di meglio avete sempre apprezzato nei vostri (super)eroi di cui sopra, ma che troverete in Heartland sviscerati, rivisti e rivitalizzati in 45 minuti di buona, ottima, musica.

28/30


OfO

In Lutto!

Come non commentare il podio del Festival? L'Italia del televoto si è espressa nella sua dimostrazione più becera, ma che cosa c'è da aspettarsi? Un pubblico che è stato educato per anni a suon di reality e televoto, avrebbe mai potuto esprimere un voto di diverso? Se basta fare leva sul patriottismo italiano, legarlo alla vittoria dell'Italia ai Mondiali del 2006 in vista dei prossimi per farsi televotare, c'è da stupirsi? No, assolutamente no.
L'unica soluzione sarebbe cambiare il regolamento del Festival e far sceglier alla giuria demoscopica i vincitori fino all'ultimo e, se proprio non si può fare a meno di usare il televoto di farlo almeno in maniera parziale e non determinante.
E' o no il Festival della canzone italiana? E' o no la più grande manifestazione canora italiana che abbiamo?
Spero che nei prossimi anni possa vincere la qualità perchè l'indignazione di quest'anno è enorme.

Eleonora Zeta Zarroni

18 febbraio 2010

Notizie sullo stato della RADIO nell'età della Pietra II puntata.

Oggi, Venerdi 19 Febbraio alle ore 16,30, sulla web radio FUSORADIO va in onda la seconda puntata della nostra trasmissione dal titolo (appunto) "Notizie sullo stato della musica nell'età della Pietra" (cliccate qui per accedere alla diretta). Come al solito un oretta di buona musica e tanti abusi linguistici da parte di OfO e della signorina Z.
Su suggerimento del nostro ascoltatore Jacopone da Senigallia ecco la tracklist completa della puntata, buon ascolto:

Gogol Bordello - Sally
Beach House - Zebra
Micachu and the Shapes - Golden Phone
Dente - Sempre uguale a mai
Santigold - You'll find a way
Casiotone for the painfully alone - Optimist Vs. The Silent Alarm
Stereo Total - Chewingum
Noah and the whale - The first days of springs
Lcd Soundsystem - Daft Punk Is Playing At My House

Devo - (i can't get not) satisfaction
Cold War Kids - We used to vacation
Grizzly Bear - Two Weeks
CSS - Music is my hot hot sex
Violent femmes - gone daddy gone

16 febbraio 2010

Perchè il Festival va guardato per poterlo criticare, con gusto!

Blog-cronaca della prima puntata del Festival di Sanremo. Dalla prima all'ultima canzone

Irene Grandi_La cometa di Halley
Irene Grandi, splendida quarantenne, apre la sessantesima edizione del Festival. Il look è trasandato, capelli gonfi/crespi, occhi pesti e abito informale. Inizia a cantare e la canzone ricorda a tratti i Baustelle più che la Grandi. Irene è un pò sotto tono, forse a causa dell’ingrato compito di aprire la kermesse, anche se la canzone è energica, in crescendo, e in battuta finale cita i Beatles “io ti dico addio, tu mi dici ciao” e la cometa di Halley diventa la metafora di una storia d’amore da vivere in due mondi paralleli.
Interpretazione un pò trascurata, sicuramente farà meglio nelle prossime serate.
25/30

Valerio Scanu_Per tutte le volte che (dirige Vessicchio, che caso!)
Un pensiero si fa costante, quasi invadente: “Per favore tagliati quella coda che non si può guardare”. Poi l’occhio cade sul foulard alla Amedeo Minghi e poi si ascolta il testo che potrebbe essere anche quello del buon Amedeo.
Già la prima frase è una cantilena soporifera, meno male che il figlio televisivo di Maria De Filippi canta per secondo, altrimenti sarebbe stata dura rimanere svegli. Il testo è mieloso e il ritornello è semplicemente ridicolo, Valerio canta e pronuncia la parola magica: “irraggiungibili” e viene da pensare che sarebbe bello se potesse essere irraggiungibile alle mie orecchie!
19/30

La Clerici chiede applausi al pubblico me ad un concerto rock....

Da una matricola come Scanu si passa ad un grande veterano del festival... e l’appellativo veterano gli si addice proprio: TOTO CUTUGNO

Toto Cutugno_Aeroplani
“Amore mio stringimi le mani, voleremo lontani come aeroplani, voleremo verso l’alto e più su dove il cielo sei tu, oltre le nuvole” Penso che possa bastare a descrivere le atmosfere di questa canzone che potrebbe essere stata in gara a Sanremo in un’edizione qualsiasi del passato come del suo futuro. Patetica.
NON AMMESSO ALLA SECONDA SERATA

Arisa e le sorelle Marinetti_Malamorenò
Look cambiato per la rivelazione della scorsa edizione del festival. Capelli da Pippi Cazelunghe, occhiali da vista grandissimi vintage. Così si presenta Arisa, pseudonimo di Rosalba Pippa, accompagnata dalle sorelle Marinetti, coro spassosissimo di tre uomini vestiti da donne anni ’30 che danno brio ad una canzone molto leggera e dal testo ingenuotto, come la nostra Arisa. Malamorenò strizza l’occhio a Renzo Arbore, a Maramao perchè sei morto, allo swing e al Trio Lescano.
24/30

Nino D’angelo con Maria Nazionale_Jammo Jà
Cassano presenta Nino D’Angelo e la Nazionale, bell’accozzamento di parole! Nino porta una canzone napoletana in piena regola, i ritmi popolari partenopei creano un bell’impasto vocale con la bellissima voce della Nazionale e quella di Nino. Il sound mediterraneo di "Jammo Jà" risulta molto più vero sul palco di tante canzoni sanremesi tutto miele o lacrime. Percussioni e fisarmoniche accompagnano un testo che tocca i temi della diversità razziale, della tolleranza, del rispetto per la diversità e dell’emarginazione.
NON AMMESSO ALLA SECONDA SERATA


Marco Mengoni_Credimi ancora
Look da psyco killer (una delle sue migliori interpretazioni a Xfactor), capelli asimmetrici come la camicia bicolor bianca e nera. Intro molto rock, basso incalzante e grande spazio ad una voce veramente interessante, potente e versatile. Marco si destreggia tra acuti e bassi con virtuosismo da animale da palcoscenico. Molto carina, molto ggggiovane, rockettara e melodica, anche se mi fanno sempre molto ridere i chitarristi dell'orchestra dell'Ariston che si avventurano in riff in giacca e cravatta. Perfetta fusione tra tradizione melodica italiana e pop-rock internazionale. Bravo Marco, anche co-autore della canzone.
28/30

E adesso la favola canora più clickata del 2009, Susan Boyle, il brutto anatraccolo con la voce da cigno, che palle!

Simone Cristicchi_Meno male
Intro di archi e elettronico e Simone comincia a saltare. Il Cristicchi parlato è quello che preferisco. Il testo è caustico: ce ne ha per tutti Cristicchi, a partire da “i terremotati sono ancora in vacanza” ai videoricatti dell’Italietta dei nostri tempi a “Osama è ancora latitante, l’ho visto ieri al risotrante”. Ma “Meno male che c’è Carla Bruni, sarko sì, sarko no. Io me la prendo con qualcuno, tu te la prendi con qualcuno, noi ce la prendiamo....” così Cristicchi finisce col botto una canzone audace da portare al Festival.
28/30

La Clerici non se la cava male, ma neanche bene, chiede troppi applausi al pubblico e ogni tanto non si capisce cosa vuol dire.

Malika Ajane_Ricomincio da qui
Malika Ajane è la rivelazione dello scorso Sanremo. Ha indubbiamente un timbro particolare, ricercato e originale che la rende riconoscibile fin dal primo ascolto. La canzone purtroppo non è niente di che, la melodia non è nè orecchiaible nè accattivante, anzi direi un pò noiosa, una di quelle canzoni il cui testo sembra non essere adatto alle note sui cui è cantato. Neccessita forse più di un ascolto perchè al primo non convince molto!
25/30

Pupo, Emanuele Filiberto, Luca Canonici_Italia amore mio
Entra l’improbabile trio con il sottofondo musicale di “Su di noi” e già viene da ridere. Il pubblico si divide: c'è chi fischia echi sventola il tricolore. Pupo al pianoforte inizia a cantare ed è subito show: il principe lo segue a ruota, cantando il suo amore per l’Italia (si commenta da solo), poi parte il tenore Luca Canonici e conferma che questo è il trio più assurdo mai visto.
Le voci non si incastrano neanche a forzarle, il principe è veramente uno strazio, il tenore era sicuramente alla ricerca di notorietà e Pupo è quello che è. La musica ha una base che sembra adatta ad un documentario su Garibaldi. Uno strazio per le orecchie e un insulto alla storia: una pessima lezione per i nostri figli.
NON AMMESSI ALLA SECONDA SERATA

La Clerici annuncia che adesso sarebbe stato il turno di Morgan secondo la vecchia scaletta. Dopo una “doverosa” ramanzina sul tema della droga recita un passo della canzone di Morgan, escluso non per aver violato nessuna regola del Festival ma per aver ammesso di far uso di droghe. Come se al Festival finora avessero partecipato solo morigerati!

Enrico Ruggeri_La notte delle fate
Un uomo che ha scritto capolavori come “Il mare d’inverno”, “Polvere” e che nella sua giovinezza punk cantava “Contessa” con i Decibel come può aver scritto una canzone così?
“La notte delle fate” è bruttina, cantata in malo modo, ricca di imprecisioni di esecuzione e stonature. Enrico, sei giunto al bivio.
18/30

Sonohra_Baby
I fratelli Gallagher di Verona, il moro e il biondo come le veline, volendo andare avanti potremmo non finire mai con le battute sui Sonohra, tanto da incenerirli. Il testo è frutto di un collage di parole prese a caso da Cioè, frasi d’amore che vengono direttamente da quel genio di Moccia, insomma, una canzone che è la fiera della mediocrità adolescenziale. Il titolo è “Baby” e si chiamano Sonohra con l’h in mezzo, che c’era da aspettarsi?
19/30

Povia_La verità
“Povia, ma i pantaloni di pelle te li passa Pelù?” “Se vuoi fare il bacchetone almeno tagliati i capelli o lavateli”, queste sono le più buone delle frasi lette su Twitter contro Po-Po-Povia, il piccione travestito da tamarro di borgata che canta e imita quello che sta cantando, come se non si capisse abbastanza bene la pochezza dei suoi testi. La più cattiva che ho letto su Twitter riguardo a “La verità” di Povia? “La verità è che fai schifo al maiale (come dicono a Livorno)”
18/30

Irene Fornaciari e i Nomadi_Il mondo piange
In questa Italia di “figli di” non poteva mancare la figlia d’arte anche a Sanremo. Se non fosse stata la figlia di Zucchero Fornaciari non sarebbe dove è, e i Nomadi? a che le servono? Cantano solo una strofa, alla faccia del duetto!
20/30

Noemi_Per tutta la vita
Interpretazione non priva di sbavature che però non intaccano la bellezza della sua voce graffiante e di una canzone molto profonda, dal testo toccante, ricco e articolato. La prima parte è molto parlata, poi esplode la sua voce potente ed è magia sul palco. Nonostante le imprecisioni e l’emozione, Noemi è una grande cantante.
29/30

Fabrizio Moro_Non è una canzone
Fabrizio Moro porta a San Remo una canzone dalla base reggae che suona come un clichè da centro sociale, un pò troppo adolescenziale per l’età di Moro e lontanissima dai temi precedentemente trattati.
22/30


Eleonora Zeta Zarroni

15 febbraio 2010

I Tormenti di Mister E


Eels – End Times (Vagrant) 2010

Il signor Mark Oliver Everett (Mr. E), mente e anima degli Eels, a pochi mesi dall’uscita del buon “Hombre Lobo” ci riprova e riesce a spiazzarci con un disco di commovente bellezza. Un lavoro malinconico e amaro, come ai tempi di “Electric Shock Blues”; solo che qui non si racconta la morte di una sorella suicida ma la fine di un amore. Le canzoni spesso sono scarne, con voce, chitarra e poco altro. Ascoltando i brani di questo disco si vive la dolce-amara esperienza di un uomo che fa i conti con la sua solitudine.
Il disco si apre proprio con una canzone crepuscolare come “The Beginning” dove la voce di E, rauca e indolente, accompagnata da flebili arpeggi chitarristici, ci racconta l’illusione che alimenta l’inizio di un amore. Ogni cosa sembra bella e libera. Poi con la successiva “Gone Man”, nervosa cavalcata elettrica sporcata di blues, si torna bruscamente alla triste realtà, quando tutto è finito. “In My Younger Days”, brano di intensa e sfocata bellezza, impreziosito da una dolce chitarra elettrica che naviga su di un placido mare di tenui tastiere, sottolinea come da giovani certe esperienze negative non sarebbero state così dure. Con “A Line In The Dirt”, semplicemente una splendida ballata pianistica arricchita dal discreto intervento di una sezione fiati, si narrano i continui alterchi di una coppia sull’orlo della rottura. Il disco si scuote di nuovo con “Paradise Blues”, brano dove chitarra elettrica ed organo ci riportano dalle parti delle dodici battute. Ma il tono intimistico dell’album ritorna prepotente con la toccante “Nowadays”, caratterizzata da un’armonica dylaniana e da leggeri interventi d’archi. La pianistica “I Need A Mother” è un pacato ma intenso inno al bisogno d’amore. Alla fine con gli ultimi due brani, la splendida “Little Bird” e la superba ballata “On My Feet”, l’album sembra aprirsi ad uno spiraglio luminoso, dopo tanta triste cupezza.
Quello che colpisce in questo lavoro è l’alto livello qualitativo delle composizioni e la sincerità di mettersi a nudo di Everett, senza mai scadere nell’autocommiserazione. Sarà difficile che questo disco non trovi un posticino nella futura top list del 2010.

VOTO: 28/30

Massimo Daziani

9 febbraio 2010

Notizie sullo stato della RADIO nell'età della Pietra

Venerdi 12 Febbraio alle ore 16,30 va in onda la prima puntata della trasmissione "Notizie sullo stato della musica nell'età della Pietra" sulle frequenze della web radio Fusoradio.
I nostri Ofo e Eleonora Z daranno libero sfogo a tutta la loro carica goliardica per un'oretta composta da buona musica e da tante cazzate.
Tra gli altri potrete ascoltare canzoni dei Mum, Zen Circus, Local Natives, Mariposa, Vic Chesnutt, Ok Go e tanti altri.
Ecco il link per ascoltare la puntata in streaming: http://217.133.178.27/radio/ascolta.asp
Buon Ascolto

5 febbraio 2010

Gioielli dal passato


Giuliodorme
"Venere"
1998

Ci sono dei dischi che vanno oltre il loro valore. Ci sono dei dischi che evocano pomeriggi invernali, che hanno l’odore di un cappuccino, che dopo una sola nota torni indietro nel tempo ai pomeriggi passati a ripetere Diritto Pubblico e gli Articoli della Costituzione (di sti tempi peraltro lo dovrebbero fare un po’ tutti). Ci sono dischi che anche tra vent’anni ti ricorderai quando li hai ascoltati per la prima volta e quando li hai comprati; ci sono dei dischi di cui sai tutto... E ci sono dischi che sanno tutto di te... “Venere” è uno di Quei Dischi.

Anno 1998: uno studente fresco di maturità presa con un un quantomai profetico 37 si appresta a varcare le soglie dell’Università.... Scienze Politiche presso la Facoltà Cesare Alfieri di Firenze (Io volevo fare il Dams a Bologna ma questa è un’altra storia.....). Quell’anno, quello studente che poi sarei io, conosce degli studenti fuori sede appena trasferiti dall’Abruzzo, rispettivamente Pescara e Mosciano S. Angelo (TE); di questi due, soprattutto uno è appassionato di musica e capita così che gli faccia scoprire un gruppo, i suoi concittadini Giuliodorme, e il loro album d’esordio, “Venere”. Dal titolo ti aspetteresti un elogio della bellezza eterea, delle atmosfere rarefatte alla Bat For Lashes... Invece niente di tutto questo....

Il disco, su un impianto sonoro minimale e sufficientemente distorto, è un continuo grido di dolore, una ferita insanguinata che non si riesce a tamponare, una crudele seduta di autoanalisi, in cui c’è tanta rabbia ma anche tanta – tantissima – poesia. Un disco in cui regnano l’assenza, l’abbandono e la perdita; dell’amore ("Certe notti ti sento sempre di più un rumore che assomiglia al vento ma che sembri tu che mi vieni a cercare che mi vieni a scordare ..Non sei tu.."), della ragione ("Mi hai reso vecchio senza più forze la vista a nulla le gambe storte prima o poi tu mi farai impazzire"), della lucidità (“Le colombe starlight” compagne di un sintetico viaggio in macchina); se il tradimento visto dalla parte di chi tradisce “é colpa sua, la sua dolcezza, più forte del rimorso, molto più della mia volontà”, la paura è che un amore diventi abitudine (“mi sento inutile che potrei essere per te un'abitudine come un rimpianto”); assistiamo poi in maniera quasi cinematografica alla lenta fine di una storia (“ma non eri tu che dicevi sai non ci sarà nessuno più nessuno te lo giuro...no parole che si dicono promesse che si fanno io muoio ancora e tu che stai facendo tu te ne stai fregando..no questo è morire”), ma è in “Nulla”, una dolorosa resa dei conti con il nostro io, che si tocca forse l’apice emotivo del disco (in molti ai tempi la definirono la "Creep" italiana). L’unica traccia che apre uno spiraglio all’ottimismo è la quantomai Beatlesiana “Goodbye”, che racconta di un amore sincero e limpido tra Nick e Maggie (“Maggie prima o poi tu vieni via con me e il resto è una bugia e il resto è colpa mia non torneremo mai”).

Questo a grandi linee è “Venere”; questo il disco che per tutti gli anni dell’Università mi ha tenuto costantemente compagnia, a cui ho confidato le mie gioie e i miei dolori, con cui ho condiviso molti dei momenti più significativi della mia vita, come si fa con un amico diretto e sincero. Non so se sia per la musica italiana sia un disco da 30 (i Giuliodorme erano comunque nel giro di Silvestri e Gazzè), so solo che per me è uno di quei dischi che se dovessi naufragare su un’isola deserta vorrei con me. Sarà il tempo che passa, sarà la nostalgia, saranno i ricordi.... Magari sì... Ma soprattutto c’è una musica e ci sono dei testi scritti col cuore e cantati di gola che ad ogni ascolto continuano a lasciarmi qualcosa di nuovo, a mostrarmi un particolare a cui non avevo ancora fatto caso.

Voto: 30/30

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