18 aprile 2015

Uyuni live @ Klamm, Roma 24 gennaio 2015



(da Blow Up #202, rubrica "Visti & Sentiti" febbraio 2015)


Nei comodissimi divani del Klamm (locale nato da pochi mesi ma che si è già conquistato un posto di rilievo tra i mille che spuntano come funghi nel movimentato quartiere del Pigneto) i live, non sappiamo esattamente il perché, acquistano sempre un sapore magico. Sarà per l’atmosfera cosy che si respira all’interno, sarà la bravura degli artisti chiamati a suonare in semi-acustico sulle… poltrone; sarà per la distanza tra artista e spettatore completamente azzerata grazie appunto ai “democratici” divani, sarà quel che sarà, ogni esibizione al Klamm è sempre una piacevole sorpresa, una perla inaspettata. Non fa eccezione il live degli Uyuni, band romagnola capitanata da Nicola “Lompa” Lombardi e fresca di uscita con il bellissimo album Australe (trovate la recensione su Blow Up #199). 

(uno scorcio dei divanissimi del Klamm, dietro Amaury Cambuzat. Eh oh, accontentatevi.)


Dal vivo la formazione a tre prevede la chitarra acustica di Lompa filtrata da pedali, pedaliere e tutto quello che si può avere a disposizione per stravolgere e rendere noisy il suono della chitarra, la batteria minimale (cassa, rullante, raid) di Inserireilfoppino ora suonata di spazzola, ora pestata più duramente e la sinuosa tastiera di Alice Berni usata come basso in alcuni pezzi e come tappeto armonico a mo’ di xilofono in altri. Weird folk non è il termine esatto ma può servire per far capire i mille sentieri che può prendere il sound del combo in sede live, partendo appunto dalla spiccata matrice folk-roots. Chicche pop come Molte volte niente o Albero, suonate in punta di bacchetta e cantate dal buon Lompa con l’ausilio del controcanto di Alice, si alternano a umori musicali puramente faheyani come Qualcosa a cui non pensavi da tempo dove è la chitarra a dominare la scena; brani resi robusti da botte di slide-guitar distorta e batteria pigiata quanto basta (che ci ricordano i Bud Spencer) fanno invece da contraltare a momenti di pura psichedelia e drone-ambient vedi alla voce Ojos de Salar, lì pensi subito a Six Organs of Admittence (che a parer mio non è poi così male come modello). 

(Albero, una delle più belle e commoventi canzoni folk-pop italiane degli ultimi decenni)


In scaletta anche brani pescati della tradizione americana come Pretty crowing chicken e la cover Dark was the night, cold was the ground di Blind Willie Johnson, per far capire quali siano le radici. Se passassero mai nella vostra città non declinate l’invito ad andarli a vedere. Ancora meglio se su un comodo divano. 

Marco @0f0 Giappichini