23 febbraio 2010

Sua maestà, Re Owen

OWEN PALLETT - HEARTLAND (CD Domino/Self, 2010)


Cosa ha di speciale Owen Pallett? Come ha fatto quest’uomo a entrare prepotentemente nel gotha degli autori del pop sinfonico e orchestrale d’avanguardia? Un territorio che sembrava ormai logoro e sfruttato fino all’osso dopo che qui hanno fatto fortuna gente del calibro di Jim O’Rourke, Sufjan Stevens, Beirut, Andrew Bird e tanti altri ancora. Cosa avrà mai di grandioso Owen allora? Partiamo dicendo che l’ultimo Heartland è a dir poco un grande album, fresco, colorato e catchy quanto basta da diventare l’utimo sigillo del genere, pietra miliare di una carriera che definire imponente e strepitosa è dire poco o nulla.


Owen, violinista di estrazione classica (..e si sente), oltre che essere stato il fondatore e lider maximo dei Final Fantasy, sfornando con essi una manciata di dischi e Ep deliziosi, è ed è stato fondamentalmente l’eminenza grigia, come violinista e arrangiatore, di alcuni fra i più begli album degli ultimi anni in ambito avant-pop (out-pop, art-pop… fate voi).

Prendiamo per esempio Yellow House capolavoro(!) dei Grizzly Bear, il risultato senza dubbio per ora più alto della band newyorkese. Cosa sarebbe quest’album senza gli incastri e le coloriture armoniche degli arrangiamenti scaturiti dai strumenti a corda? Chiedetelo a Owen, nel libricino dell’album lo troverete alla voce string arrangiaments. E che fine farebbe lo strepitoso(!!) The Fliyng Club Cup del già citato Beirut senza quei sinuosi violini di In the Mausolium, l’organo iniziale di Nantes e tutti gli arrangiamenti dei pezzi, se non ci avesse messo mano il sig. Pallett?

Ma soprattutto quel monumentale disco (!!!) che è Funeral degli Arcade Fire, (vincitore nel nostro blog come miglior album dello scorso decennio) avrebbe fatto incetta di premi e riconoscimenti planetari senza il tocco del buon Pallett (anche qui in veste di violinista e arrangiatore)?

Beh?! Queste tre prove (tutti e tre i dischi sono nella nostra classifica finale degli anni a doppio 0) più le preziose collaborazioni con Hidden Cameras, Mountain Goat, Mika e addirittura quella con gli hardcored Fucked Up, se non fanno una/la verità, poco ci manca. Quello che tocca l'eclettico Owen diventa oro. Ma sarebbe ingeneroso anche non dire che quello che tocca Owen diventa oro per il bagaglio dello stesso musicista.

E questo Hartland altro non è che un riassunto (riarrangiato) della carriera del Re Mida canadese che qui ci mette anima, cuore e voce… e che voce.

Cadenzato da un tocco molto femminile e chicchettoso, l’album ci fa assaporare delicate sinfonie d'atmosfera come Keep the Dog Quiet che sfociano in follie lisergiche e nervose come in Mount Alpentine, marcette elettronicihe di maniera (Red Sun No. 5) che si alternano a momenti dance-sinfonici con possibilità da classifica (Lewis take actions).

Insomma qui c'è tutto quello che di meglio avete sempre apprezzato nei vostri (super)eroi di cui sopra, ma che troverete in Heartland sviscerati, rivisti e rivitalizzati in 45 minuti di buona, ottima, musica.

28/30


OfO