7 agosto 2010

Musica Bene Comune

Non è poi così paradossale. In un mondo in cui nel XXI secolo la società si ritrova a combattere per rendere gratuito un bene primario e vitale come l'acqua, va da sé che un bene secondario (non in valore assoluto, ma in quanto prodotto e non materia-prima-sacro-dono-della-natura) come la musica sia necessariamente a pagamento.
Le note non sono libere. Non lo potranno essere fintanto che saranno emesse per riempire degli stadi pieni di banchini della birra o le tasche di qualche promoter.
Se la musica diventa un lavoro, se ad ogni brano corrisponde una quota SIAE, se un biglietto strappato apre le porte della dimora di Euterpe, beh... forse occorre fermarsi un attimo e riflettere.

Arte e artigianato. Non dobbiamo riesumare il povero Aristotele per sottolineare le enormi differenze tra questi termini che pure derivano dalla stessa radice linguistica. L'Arte è ispirazione, quella che in gergo mistico è frutto di un'anima indiata, di una manna esterna all'uomo e alla sua finitezza. L'Artista è una sorta di demiurgo che riesce ad emulare il divino e a trasporre nei suoi prodotti quel valore d'immortalità che la sua carne destinata a imputridirsi non potrà mai possedere. L'Arte segue la labilità del momento creativo e non può piegarsi alle cosiddette leggi del mercato. I grandi, gli immortali appunto, hanno vissuto di stenti e sacrificio. I diritti SIAE hanno arricchito le tasche dei loro eredi, tronfi mercanti dell'estro altrui.
L'artigiano è un esecutore -nobilissimo e stimabilissimo- di itinera procedurali. Ogni giorno la stessa routine: metodo, precisione, costanza.

Turnista = artigiano
La musica di oggi, su I-Tunes, ai festival e nei teatri con ingresso a pagamento è fatta di session player, alias i mercenari dell'esercito del pentagramma.
La musica si è fatta mestiere. Ci si campa a malapena, ma se ti ci metti d'impegno, almeno una mezza pagnotta alla settimana te la garantisce. Si sfornano cd a cadenza annuale come taniche di olio o bottiglioni di vino dopo il raccolto. Si applicano leggi della fisica e calcoli numerici per dare a ogni suono il giusto decibel. Si raccattano date per tutto il paese fino a s-cadere nelle sagre e nelle feste dell'unità giusto per visibilità e spiccioli. Si organizzano eventi, si creano contorni alla pietanza principale, si promuove e si scrive di un'Arte che forse non c'è più, che forse non c'è mai stata. Siamo di fronte, però, a un sopraffino prodotto artigianale.

Se la musica di oggi è in mano ad artigiani-turnisti-mercenari, è logico e coerente pagarsi un biglietto di 30 euro per un concerto o 10 euro per una manciata di minuti di melodie compresse dal formato mp3. E se tutto è sempre orientato al guadagno, l'Arte è semplicemente mandata a puttane.

Ilaria Bu Montagni