8 novembre 2010

Don't Worry Four Tet

Four Tet live @
Circolo degli Artisti
(Roma,
04.11.2010)






Parliamoci chiaro, la serata non mi è dispiaciuta.
Potete scommettere che se Four Tet è a Roma, o da qualsiasi altra parte mi trovi a passare, Io sarò sotto al palco. In ogni location, in qualsiasi situazione, senza i documenti, senza cena, con le ammaccature post-disarcionamento per una guida troppo distratta.
Arrivo all'esterno del luogo che ospiterà la performance dell'artista dalla collaborazioni multiple e capisco che nonostante la serata capitolina sia strabordante è proprio quello che ho scelto io l'evento che ha stravinto all'urna delle alternative. Fila al botteghino (dove campeggia la scritta sold out a frustrare le aspettative di chi era venuto tranquillo di trovare un angolino da dove poter gustare una cena così pregiata) e pienone nel giardino del Circolo degli Artisti. Un paio di birre, una sigaretta e due chiacchiere in attesa dell'ora in cui l'artista prenderà il posto del dj set che lo precede. Quando l'atmosfera comincia a frizzare mi infilo dentro la sala, al solito affollatissima, catalogando le mie aspettative come se fossero i tappi di sughero delle bottiglie stappate in occasioni speciali. Storielle, come quella di ritrovare i suoni dell'artista che anche Susumu Yokota aveva scelto per la sua compilation Lo, o i picchi che avevo ammirato nei suoi cd, a mio parere, migliori (Pause e Rounds), o ancora le atmosfere di quello splendido pezzo che è Sleep, Eat Food and Have Vision. Purtroppo nulla di tutto ciò si materializza, la serata comincia con Love Cry e quando arrivano la voce bianca sintetizzata di Angel Echoes capisco già che la missione della serata sarà quella di sopperire con qualche espediente alla scomoda situazione di stare in un posto inondato di musica per le gambe quando le gambe non ti servono neanche per stare in piedi, vista la densità. Niente No More Mosquitoes, niente My Angel Rocks Back and Forth, in questa sua esibizione lo sperimentatore sonoro londinese della Domino sembra vestire i panni Berlinesi tanto la sua musica somiglia ad una produzione BPitch Control. Agitato da tappeti quasi house o da ritmi pseudo acid-lounge con suoni inesistenti il pubblico si esibisce in uno scatenato ballo dello spermatozoo, riuscendo a muovere solo la testa. Quando Four Tet cerca di alzare il livello intellettivo del suo campionatore suonando This Unfold capisco che la platea, viziata da un inizio sparato, non ne vorrà sapere di virtuosismi. Fischi del pubblico: niente da fare caro Kieran questi vogliono la carica. Il ragazzo è intelligente lascia partire Worth, anche senza Burial, quindi senza ingresso introspettivo. Spirit Finger, questo pezzo sì che mi piace, ma forse senza la cornice le orecchie non ne riconoscono la fragranza. Sembra l'ultimo pezzo, ma invece no, mi devo sorbire anche un bis che mi annoia più di tutto il concerto passato. Serata da presenzialisti, pochissimo altro, bella la sensazione di aver ascoltato un artista dal potenziale infinito che per qualche oscuro motivo ha deciso per una serata di fare il caratterista davanti ad un pubblico, comunque, poco esigente. Questa sensazione di limitazione potenziale mi è stata confermata dall'espressione e dalle parole smozzicate di Four Tet che quando mi sono avvicinato offrendogli i complimenti da ammiratore poco convinto mi ha risposto con un Thank You che sapeva di Sorry seguito da un mio Thanks to you che sapeva di Don't Worry. Don't Worry, ripeto fra me e me, consapevole che la scena elettronica di sperimentazione ritmica, forse, ha già detto abbastanza, e non per sua scelta.

21/30

Tòmmie