4 dicembre 2010

Emozioni d’Autunno, ultimo atto

Arandel - In D – Infiné Music 2010. L’enigmatico musicista (probabilmente francese) che si cela sotto il nome di Arandel è autore di un’opera di sincretica bellezza. Questo disco ha conquistato il cuore anche di un "vecchio bluesman” come me perché è variegato e imprevedibile, perché è elettronica dal volto umano. Già l’uso delle voci in #1, mentre siamo ipnotizzati dal ritmo epico della drum machine, rende memorabile l’inizio del disco. Con #5 si viene risucchiati in un buco nero di cori ancestrali e rumorismi sintetici. #6 è il momento più “melodico” del disco (leggi assenza di ritmi e batterie) con splendide voci (in prevalenza femminili) che si intrecciano formando una tela sonora da rito apotropaico. L’inizio di #7 è affidato soltanto a degli archi malinconici che introducono uno spaziale ritmo dance, arricchito dall’intervento di tastiere, sporcato da calde note di fisarmonica e impreziosito dal ritorno discreto degli strumenti a corda. Tutto il disco è comunque pieno di sorprese sonore varie e inafferrabili. Come quando in #9 riescono a convivere ritmi post-rock e tentazioni free-jazz, mentre nella successiva #10 tutto si placa in un mantra sonoro dove un tappeto ricamato con dolci note di piano e sitar viene disturbato da fluttuazioni elettroniche e rumori ambientali. Insomma è facile farsi conquistare dal fascino minimalista di questo disco che, fin dal titolo, è un sentito omaggio a Terry Riley, compositore che, con il suo In C, ha tracciato le basi di un’estetica musicale ancora oggi attuale e ricca di spunti ispirativi. “Arandel! Chi era costui?” Voto: 28/30

The Album Leaf - A Chorus Of Storytellers - Sub Pop 2010. Ad essere sincero anche questo grande disco degli Album Leaf gira da molto tempo nel mio lettore (è uscito infatti a febbraio di quest’anno) . Ma è un album tanto autunnale, così impregnato di dolcezza crepuscolare, da meritarsi di chiudere in bellezza queste mie considerazioni emozionali. La creatura musicale di Jimmy LaValle, dopo l’esperienza islandese, ha decisamente preso la strada di una musica dallo stile narrativo e cinematografico, disegnando paesaggi sonori di incantevole suggestione, mischiando con sapiente sobrietà elettronica, musica strumentale, reminescenze post-rock e forma canzone. E la novità di questa nuova fatica di LaValle è rappresentata proprio dalla presenza di quattro tracce cantate dalla sua flebile ed evocativa voce (la solare There Is A Wind, la melodica Falling From The Sun, la brillante We Are e la canterburiana Almost There). Stavolta il nostro si fa accompagnare anche da un nutrito manipolo di musicisti, tra cui vanno ricordati il bassista Luis Hermosillo (già suo compagno di viaggio nell’antica avventura post-rock dei Tristeza), l’ottimo Tim Reece alla batteria, l’estroso polistrumentista Matt Resovich e Drew Andrews alle chitarre. Il suo legame con gli eterei suoni provenienti dall’ Islanda è testimoniato dalla presenza (in fase di mixaggio) di Jón Birgisson dei Sigur Rós e di altri musicisti provenienti dalla fredda isola che arrichiscono il sound dell’album con archi e fiati. E così la vena orchestale di LaValle si può mostrare in tutto il suo splendore nella struggente Summer Fog e in Until The Last, che può ricordare le suggestioni musicali dei migliori Sigur Rós. Altro gioiello sonoro da incorniciare è Stand Still, caratterizzato dall’eccellente lavoro percussivo di Reece che vivacizza una solare melodia. C’era una volta il post-rock… Voto: 28,5/30

Massimo Daziani