8 dicembre 2010

Weird Italy

Dopo aver parlato in questi mesi di Fauve, Dilatazione e Iosonouncane continuiamo il nostro viaggio lungo le impervie strade di quell’Italia che musicalmente osa e non si arrende; piccole storie laterali ed oblique del belpaese composte e arrangiate da artisti delle 7 note svincolati dalla logica delle mode e delle facili scorciatoie. L’Italia che resiste e persiste (e, vivadio, esiste).


Everybody Tesla è una formazione tra il quadrato e lo sgangherato, tra il trasognato e il divertito, di origine sarda che ha appena rilasciato per la neonata label o2s 01 (siamo nei territori Here i stay Festival) l’omonimo Ep di debutto con una prima tiratura in 50 cassettine (tapes). 5 traccie tra lo sbarazzino e il compiaciuto che sorprendono per la loro freschezza, tutte composte da suoni per lo più sintetici e suonate con l’ausilio di ..Kaoss Pad, Micokorg, tastiere giocattolo, SP-404, kazoo, cajon, ukulele, campionatori, tastiera, Casio modificata, MPC 500 (per citare le  note che accompagnano l’uscita). Bee Twin Mountain è un brano danzereccio scuro e torvo che farebbe impallidire Fuck Buttons, con delle vocine d’accompagnamento e carillon in sottofondo che sanno d’horror ancestrale; anche le parti più “solari” della canzone (e del mini in toto) sono sempre sporcate e imbrattate da elementi imprevisti e “fastidosi”. Federico ha ragione ricorda la mellifluità dei Mum più elettronici (Finally we are no one sembra la canzone di riferimento) ma la ritmica bella tosta ci fa tornare a scenari più suburbani e scazzoni. In Narvali e Sleep Here si prova anche a creare una forma canzone più classica. Il dream pop shoegazin’ della prima non s’interpone con lo stile tribale e animalcollettivistico della seconda, cantata appunto in stile Panda Bear (forse un po’ troppo?), due modi insomma di interpretare la forma-canzone con intenti simili e risultati differenti. Gli Everybody Tesla, alla fine dei salmi,  hanno rilasciato un incantevole (mini)disco liquido e frammentario ma con un’ottima compattezza di base. Gli El Guapo 2.0.  28/30


La giuliva sguaiatezza dada dei ragazzi sardi fa da perfetto contrappunto ad un album serioso, disperato ed elegiaco come quello dei ManzOni Di tutt’altro genere, latitudine e anagrafe si parla qui;  in comune la medesima volontà di rottura e di aggressione nei confronti dell’ascoltatore che prende appunto spunto - nel caso degli ultimi - dall’artista alla quale la band si ispira nel nome (Piero, mi raccomando).  Sono di Chioggia e vengono capitanati dal 57enne semi-esordiente cantante e poeta Gigi Tenca che si riscopre in tarda età frontman di una band già ultratrentenne ma di una vivacità  e intensità rara ai tempi nostri. Loser fiero e convinto, Tenca  si pregia di un cantato teatrale e minimalista  che si poggia su delle basi blueseggianti scarne e nebulose. Frammenti di vita su una musica che è frammento di (post)rock. Canti d’ubriachi in periferie disilluse che ricordano Arab Strap, Vic Chesnutt e, pensando a casa nostra, Bachi da Pietra. L’album è omonimo, autoprodotto e in uscita il 10 dicembre. Tra le canzoni più significative del lotto: Cosa ci sarà, una ninna nanna minimale per adulti poco riconciliati sulle flebili speranze di una vita senza speranza. Scappi una ballata sui ricordi semplici e malinconici cantata da un Cerasuolo che ha fumato troppo ed è invecchiato senza fretta dall’ultima volta che l’avevamo lasciato! In Tu sai l'incedere ossessivo del battere scivola piano piano verso sferragliate di chitarra che fanno aumentare il clima delirante del cantato. L’astronave finisce in un post-rock ottuso e Palloncini rossi sfocia in chitarrismi yougiani, …e scrivo è compiutamente Velvetiana: le chitarre friggono su urla  che ricordano i CCCP! Disco imprescindibile in tempi di disperazione e di magra. 29/30
OfO