11 gennaio 2011

Perle da un recente passato - Vol.2

Vic Chesnutt - North Star Deserter (Constellation records, 2007)

Diciamolo pure, a volte ci piace sguazzare nel nostro malessere. Robin Proper-Sheppard cantava there’s nothing like a long walk on a rainy night. Non a caso Fixed Water è l’album migliore dei Sophia, I See a Darkness quello di Bonnie ‘Prince’ Billy, e così via. Succede spesso che quando si sta per toccare il fondo si tira fuori il meglio. Borges scriveva che la sventura è la grande materia prima della poesia e che non è possibile fare letteratura con la felicità. Due passi più in là il Nick Hornby di Alta Fedeltà: "Cosa è venuto prima, la musica o la sofferenza? Ascoltavo la musica perché soffrivo? O soffrivo perché ascoltavo la musica? Sono tutti quei dischi che ci fanno diventare malinconici?". E’ in questo splendido quadro deprimente che si inserisce il miglior disco dell’inverno 2007: North Star Deserter di Vic Chesnutt.
Lo sventurato Vic, pace all'anima sua, nell’accogliente alcova della famiglia Constellation ha partorito un capolavoro che smarrisce e spaventa il cuore per poi ritrovarlo e riscaldarlo lasciando un'aurea di emozioni autentiche. Si passa dall’amaro cantautorato di tutta una ventennale carriera (Warm), alla distorta orchestralità figlia dell’efficace contributo del collettivo A Silver Mt. Zion (Glossolalia) mentre si invoca, lieve e spettrale, il fantasma di Nina Simone (Fodder On Her Wings) e la chitarra dell’ennesimo special guest (ave Guy Picciotto) fa il bello ed il cattivo tempo (Marathon e Debriefing). Ma non è tutto qui, assolutamente non lo è. Mancano struggenti parole per quella ballata da occhi lucidi intitolata You Are Never Alone, manca tanto altro. Accetto le mie lacune, in fondo non si hanno mai degne e sufficienti parole per descrivere il proprio disco dell’inverno.

voto 30/30

Diego