2 dicembre 2021

Girl in Red • If I Could Make It Go Quiet / Alfie Templeman • Forever Isn’t Long Enough

Etichette come la AWAL cercano di vivacizzare il saturo mercato musicale per giovani alternativi-generici vampirizzando le spinte e gli umori che provengono da un certo tipo di indie-pop elettronico fichetto (un po’ estroverso e un po’ da cameretta) shakerandolo e normalizzandolo. Il clamoroso successo di Billie Eilish ha acuito questo processo contribuendo a creare una pletora di cloni teen-pop spesso indistinguibili gli uni dagli altri. Emerge sicuramente da questa marmaglia la norvegese Marie Ulven Ringheim in arte Girl in Red (nata nel 1999) che addirittura ruba a Eilish il di lei fratello Finneas e lo mette alla produzione (guardatelo all’opera nel bel doc. “Billie Eilish: The World's a Little Blurry” e capirete bene chi si celi dietro il boom della sorellina). Il successo di una manciata di precedenti singoli ha reso attesissimo questo “If I Could Make It Go Quiet” (AWAL Recordings Ltd • 11t-33:10), sorta di operetta morale che riassume l’anno appena trascorso da Marie che nel frattempo chiusa nella sua stanza si è cibata, come fosse junk-food, di tutto quello che ha trovato in giro tra web e Tv: urban-pop con tanto di chitarrine flanger ipnagogiche (. detta Period), fumettoso electro-punk sfacciatamente sbarazzino (You Stupid Bitch), hip-pop contro il logorio della vita moderna (Serotonin), hit ispirate a “trasgressivi” serial (Rue è nata vedendo Euphoria). Sinceramente non esaltante quanto l’originale a cui aspira ma, riaggiornata la formula teen-rock che sancì vent’anni fa il successo di fanciulle come Avril Lavigne o Pink, c’è una sincerità inquieta e una certa freschezza compositiva che lo differenzia da prodotti pop coevi costruiti a tavolino (6/7).

Era atteso da orde schiumanti di post-millennials anche “Forever Isn’t Long Enough” (AWAL Recordings Ltd • 8t-30:01) del chiacchierato inglesino Alfie Templeman (classe 2003) che aveva fatto parlare di sé (lasciando intravvedere qualcosa di buono) con la cliccatissima Stop Thinking (About Me) sfornata quando aveva ancora sedici anni. L’album è un concentrato di quello che “before it was mainstream era l’umore vaporwave/chillwave di qualche annetto fa e che viene qui centrifugato, rimasticato e risputato in modo del tutto conformista, mutuato sotto la recente lezione di The Weeknd (anche se lì i risultati sono alt(r)i grazie anche a un certo Daniel Lopatin alla consolle). Suonano molto posticce queste basi mid-tempo funkeggianti dove paradossalmente, come noblesse oblige in (super)produzioni di questo tipo, è difficile trovare una mezza canzoncina da cantare sotto la doccia. Con poche varianti sul tema (l’introversa One More Day è la cosa più riuscita), sembra una suite lunga 30 minuti anche se il risultato temo non dovesse essere questo. Alfie pecca di hybris pensando che il groove e il lavorio dietro al mixer valgano più della scrittura in sé stessa, peccato esiziale commesso non solo da lui ma da una schiera di giovani producers contemporanei che molto spesso scompaiono, non a caso, in un battito di un ciglio. Parafrasando il titolo: ancora il ragazzo ha tutto il tempo a sufficienza per fare sicuramente di meglio. (5) Marco Giappichini