5 novembre 2009

(Solo) Un uomo allo specchio

Niccolò Fabi - Solo Un Uomo (Universal, 2009)

Vagamente snob, sicuramente colto. Sotto i suoi ormai famosi capelli un cervello lucidamente pensante. Niccolò Fabi è come quei vini che migliorano invecchiando. Non che mancassero i presupposti…. Tutt’altro! Già dal primo album si intravedeva una sensibilità artistica fuori dal comune, un’ironia graffiante e soprattutto ottimi ascolti.

I primi lavori però peccavano ancora di una certa ingenuità forse dipesa dall’età. Adesso no. Adesso Niccolò è cresciuto, è diventato un uomo, anzi “Solo un uomo” e in queste dieci tracce si racconta e si mette a nudo. Emergono così le certezze e le convinzioni, ma anche le paure e le insicurezze, gli slanci di affetto e le piccole meschinità, “La paura di stare fuori o dentro” insomma, come canta in uno dei momenti più intensi dell’album. Ma Niccolò ha passato la fatidica soglia degli “anta” ed ha pure messo su famiglia e questo traguardo lo mette in musica in un piccolo capolavoro di intimismo dal nome “Attesa e inaspettata”, una sorta di punto e a capo, una rinascita, una nuova giovinezza diversa dalla precedente, ma comunque una ripartenza, perché comunque” Attesa e inaspettata arriva la seconda vita in quel l’istante in cui si taglia il velo e sei dell'altra parte. Non sei preparato mai abbastanza ma sei pronto da sempre”. C’è poi una delle più belle dichiarazioni d’amore mai scritte (“La promessa”), che non ha niente da invidiare a un capolavoro come “La cura” del Maestro Battiato (“il nostro amore si sporca le mani ogni giorno nel fango più di certe idee più delle maree più delle certezze il nostro amore è sospeso nel vuoto ma con i piedi per terra più di certe idee più delle maree più delle certezze che si hanno”). L’età porta dunque una nuova maturità e Niccolò è finalmente consapevole che “più passa il tempo e meno ho interesse a sprecare la voce senza rancore davvero, siete meravigliosi, ma per il futuro facciamo ognuno per sé” e che per raggiungere quel traguardo chiamato felicità “basterebbe fare cio' che si è scelto non accettare il ricatto vincente o sconfitto alzare la testa vedere te”. Allo stupore per i risvolti eufemisticamente tragicomici dei comportamenti umani però non si accompagna una spocchia pseudo-moralizzatrice, in quanto “siamo tutti l’espressione di uno stesso pianeta”.

L’unica feroce per quanto sussurrata denuncia contro la degenerazione di un paese, di un popolo e – forse – del genere umano (“pascoliamo pascoliamo e pure in un campo a caso e che sia vicino casa perchè migriamo soltanto dal divano al davanzale prigionieri con il il terrore di essere liberati di essere liberi”) arriva con l’ultima traccia, un monito, un avvertimento, una chiamata alle armi della maggioranza silenziosa del paese con la speranza che “una parola lanciata nel mare con un motivo ed un salvagente che semplicemente fa il suo dovere, una parola che non affonda magari genera un'onda che increspa il piattume e lava il letame”. E allora sono davvero “Parole che fanno bene” quelle scritte da Niccolò, che dopo tre anni da “Novo Mesto” ci regala il suo disco più sentito, più pensato e più sincero. In altre parole, una grandissima prova di maturità.

Voto: 29/30

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