10 dicembre 2009

Da 7 a zero in otto anni


Yeah Ghost - Zero 7 (Atlantic Records)

Il duo inglese Zero 7, formato da Henry Binns e Sam, stupisce, ancora una volta in senso negativo, con l’ultimo lavoro “Yeah Ghost”.

Riproporre un album all’altezza di quel gioiello di rara bellezza e eleganza di “Simple Things”, datato 2001, è sicuramente un’impresa difficile, ma almeno provare a creare musica degna delle proprie capacità non è chiedere la luna. Dopo essere stati troppo facilmente etichettati come emuli degli Air, tanta era la ricercatezza nel sound di canzoni come “Give It Away”, “Destiny” e “Polaris”, gli Zero 7 hanno dato prova di aver superato abbondantemente questa definizione.
Nel 2006 il terzo album “Garden” che arrivò vicino a vincere un Grammy Award, segnò la fine della Zero 7 come li avevamo conosciuti. Cominciarono a sperimentare nuove sonorità e a intraprendere nuove strade, ottenendo solo molta confusione e disappunto tra critica e fans.

La prova del nove ce la fornisce questo squallido “Yeah Ghost”, un amalgama incoerente di suoni da dimenticare, assolutamente non rappresentativo delle capacità del duo, convinto che il trip-hop sia un pozzo senza fine di sonorità a cui attingere senza originalità e idee. Il ritmo è un pò accelerato rispetto al passato. Il sound è simile a tanti, troppi artisti e generi musicali. Ricordano ovunque i Basement Jaxx, ammiccano al sofisticato pop di Feist in “Swing” e nella pessima “Medicine Man” si ha l’impressione che Prince canti Mika. Non assomigliano mai a se stessi e non imitano bene nessuno. Questo è un gran difetto, soprattutto se si ricordano ancora come uno dei gruppi più importanti del trip-hop insieme a Air e Massive Attack.

Da agenti 007 sono diventati, come direbbero i pubblicitari dell’Esselunga, Zero Zero Fette.

Voto: 21/30

Eleonora Zeta Zarroni