10 dicembre 2009

Giovani scimmiette crescono

Arctic Monkeys
- Humbug (Domino)

Era il 2006, tra urla al miracolo e lacrime di commozione, in mezzo agli americani Strokes, agli scozzesi Franz Ferdinand e ai londinesi Bloc Party, si affacciava l'ennesima "next big thing" ovvero gli Artic Monkeys.
"Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not" avrebbe dovuto salvare le sorti di quella musica che trascinava i piedi con una certa fatica grazie al semplice mix di energia, frenesia e ripetitività.
Non era chiedere troppo ad un gruppetto di adolescenti??

All'uscita del secondo "Favourite Worst Nightmare" (dell'anno successivo) ci si rese conto che la band di Sheffield era sicuramente la più capace a far shakerare i culetti nelle dancefloor, con quel disco ancora più veloce del precedente tutto batteria frenetica e riff ripetuti a manetta; ma tutto qui.
Questo fenomeno più mediatico che musicale, ha comunque attirato l'attenzione del guru Josh Homme che li ha fatti rilassare (a modo suo), portandoli lontani dal caos della città, direttamente nel deserto del Mojave a registrare nel leggendario Rancho della Luna.

Così nasce "Humbug", dove gli artici si confrontano con sonorità quasi opposte alle loro abitudini, dalle influenze psichedeliche e ritmi rallentati. Un viaggio macabro all'insegna del retrò, ci riporta ai primi Oasis e si sente più vicino al progetto parallelo del cantante della band (Last shadow Puppets) che agli stessi Arctic Monkeys. Il vecchio Homme influenza la stesura come mostrano le interessanti "Crying Lightning", "Pretty visitors" e la conclusiva "The jeweller's hands", che non brillano in originalità, ma continuano a girare in testa come in repeat.
Nonostante le scimmiette abbiano appena raggiunto i 23 anni, lo potremmo chiamare il disco "della maturità", o per lo meno un decisivo passo in avanti per questo gruppo che ha avuto, fin da subito, troppe aspettative attorno a sé, ma è riuscito a continuare facendo finta di niente.

25\30

Fox