14 dicembre 2009

Mingusology, parte 2


Charles Mingus - PITHECANTHROPUS ERECTUS
(Atlantic 1956)

Nel gennaio del 1956 Mingus registra per l’Atlantic “Pithecanthropus Erectus”, considerato a ragione il suo primo capolavoro. Il brano di apertura dà il titolo al disco e si tratta, come sottolinea lo stesso Mingus nelle note di copertina, “di un poema musicale jazz” diviso in quattro movimenti: (evoluzione, complesso di superiorità, declino, e distruzione). Mingus sottolinea la superbia del primo uomo che, raggiunta la stazione eretta , si sente superiore agli altri esseri viventi ancora proni : “…egli arriva a dominare il mondo,… ma sia la sua incapacità di comprendere l’inevitabile emancipazione di chi aveva tentato di ridurre in schiavitù, sia il suo tentativo di basarsi su una falsa sicurezza, non solo gli negano il diritto di essere un uomo , ma alla fine lo distruggono completamente”. Mingus usa questa metafora per denunciare la discriminazione razziale , tema caro alla sua poetica. Le doti di un compositore ormai maturo ci regalano momenti di grande intensità; nel pezzo ci sono molti dei tratti caratteristici del suo stile: polifonia , dissonanze, passaggi improvvisi di atmosfere , improvvisazioni sia solistiche che collettive sempre piegate alla narrazione. Si tratta di più di 10 minuti di musica emozionante, dove spiccano tutti i solisti: il suono tagliente del sax alto di Jackie McLean, il caldo sax tenore di J. R. Monterose, il piano monkiano di Mal Waldron e ovviamente le movimentate trame ritmiche del contrabbasso di Mingus e della batteria di Willie Jones. Con “A foggy Day” Mingus rilegge un classico di George Gershwin, cercando sempre di “raccontare” il pezzo. L’autore, alla luce di questa estetica musicale descrittiva, inserisce nel brano suoni e rumori tipici del traffico cittadino, riprodotti efficacemente dagli stessi strumenti. “Profile of Jackie” è una dolce ballata impreziosita dal virtuoso solismo di McLean. Chiude il disco la lunga e ammaliante “Love Chant”. Inizio con un ipnotico riff di pianoforte alla Ellington, cui si sovrappone un sax tenore malinconico, poi un improvviso break energico con i due sax che invitano il piano ad una sferzata di swing, poi di nuovo l’atmosfera si fa esotica con il riff iniziale, in un’ ondulazione sonora che movimenta il brano; nella parte centrale si libera un mid tempo swing che permette ai solisti di prendere gli assolo. E’ incredibile come in tutto il disco, ed in particolare in quest’ultimo brano, ci sia un approccio di tipo orchestrale, ottenuto però con un piccolo gruppo: magie del grande Mingus che usava le tecnologie di registrazione, come la sovraincisione, per ottenere effetti orchestrali con un numero ridotto di musicisti. Seminale. VOTO: 28/30 (30/30 a Pithecanthropus Erectus).

Massimo Daziani