9 dicembre 2009

Mingusology

Charles Mingus - MINGUS AH UM (Columbia 1959)

Premessa 1- Nel 1979 Charles Mingus, uno dei più grandi compositori del jazz e contrabbassista superbo, muore per una sclerosi laterale amiotropica. Dopo trenta anni dalla sua morte la sua influenza sulla musica jazz (e non solo) è ancora enorme. Questa recensione sarà la prima di una serie dedicate ai dischi più significativi del grande artista afroamericano. Minimo omaggio per un musicista immenso.

Premessa 2- Dopo aver amato i classici del rock, sposato la causa del blues e aver avuto un’ intensa passione per la soul music, a partire dagli anni 80 cominciavo ad essere attratto anche dal mondo del jazz. Iniziai a leggere qualche libro per approfondire l’argomento, comprai qualche numero della rivista Musica Jazz con i suoi dischi divulgativi. Ma il campo era così vasto e tra i miei amici rockettari non trovavo buoni alleati. La mia conoscenza del jazz passava per l’ascolto di certo Canterbury (Soft Machine in primis) e della fusion (Weather Report, Mahavishnu Orchestra, Pat Metheny, Al Di Meola, Larry Carlton e lo splendido basso di Jaco Pastorious in Ejira di Joni Mitchell) ; avevo comprato anche qualche disco di classici(Duke Ellington, Louis Armstrong, Wes Montgomery, Ella Fitzgerald) ma ancora non era scattata la scintilla della passione. Nel 1987 divento amico di Mario, ferroviere calabrese, grande appassionato di jazz e proprietario di una bella collezione di vinili. E’ lui (benedetto uomo) che mi presterà molti capolavori del jazz e tra questi un bel disco colorato , dal titolo bizzarro: “Mingus Ah Um”, Anno del Signore 1959…

“Better get it in your soul”, che apre il disco, è un brano stupefacente, summa della musica afroamericana: c’è il gospel, il blues, il r&b e tutto sembra avvenire con una spontaneità incendiaria. In realtà ad un ascolto più attento si percepisce il lavoro di un grande compositore teso a dare la massima espressività al brano. L’energia sprigionata da questa composizione sta tutta nelle urla di incitamento di Mingus ai suoi musicisti e nell’ energia contagiosa di una base ritmica tra le più dinamiche della storia del jazz (Charles Mingus e Dannie Richmond). Non si fa in tempo a riprendersi da questa forte emozione musicale che Mingus ci regala uno dei suoi pezzi più celebri e commoventi, “Goodbye Pork Pie Hat”, dedicato al grande Lester Young. Un blues, come dice lo stesso Mingus, “con accordi diversi dai soliti”, dove, attraverso una melodia struggente, è riprodotta tutta l’intensa emozione per la perdita di uno dei padri del jazz. Meraviglioso e poetico l’assolo al sax tenore di John Handy dalla tenue ispirazione lesteriana. Tocco di genialità compositiva è quel tremolo tra sax e contrabbasso che per un attimo tinge la musica di un fremito di straziante dolore. Con “Boogie Stop Shuffle” si ritorna ai ritmi incendiari del r&b. L’inizio si apre con tutti gli strumenti che suonano una specie di boogie woogie , mentre uno scatenato Richmond tiene un ritmo shuffle . Gli assoli sono tutti brevi e tesi (grande Horace Parlan al piano e adrenalinico Richmond alla batteria). La malinconica poesia ritorna con “Self- Portrait In Three Colors”, una breve e intensa composizione , tipico esempio della grande predisposizione mingusiana alla melodia. “Open Letter To Duke” omaggio sentito ad Ellington, suo indiscusso maestro, comincia travolgente con quasi un minuto di assolo del sax tenore di Booker Ervin, poi tramite un passaggio di batteria si scivola gradualmente verso una dolce ballata; il finale del brano si ravviva d’improvviso con un ritmo latino. Con “Bird Calls” ancora un omaggio ad un grande del Jazz, Charlie Parker. La composizione mingusiana riproduce l’atmosfera energica del bebop , con il sax di Handy d’ispirazione parkeriana e il piano di Horace Parlan che profuma dello stile di Powell. “Fables Of Faubus” è lo sberleffo risentito contro il governatore razzista dell’Arkansas Orval Faubus . Anche qui la capacità compositiva di Mingus è magistrale nel descrivere la tronfia perfidia del personaggio, piegando i solisti alle necessità della narrazione. Con “Pussy Cat Dues” si ritorna al blues con in evidenza il virtuosistico assolo di Jimmy Knepper al trombone. Chiude questo magnifico capolavoro “Jelly Roll”divertito e affettuoso omaggio alla New Orleans di Jelly Roll Morton. Ad onor del vero bisogna ricordare che il disco uscito nel 1959 fu manipolato dalla Columbia con tagli e censure, come nel caso di Fables of Faubus, dove fu eliminato l’accusatorio dialogo-cantato tra Mingus e Richmond. Questo disco però ebbe il merito di far conoscere ad un più vasto pubblico il genio creativo di Mingus e di consacrarlo tra i grandi del jazz. Indispensabile.

VOTO:30/30

Massimo Daziani